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Al di sopra di ogni odio, Andrea Villa: “Liliana Segre come una nuvola”

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Al di sopra di ogni odio. Come una nuvola al di sopra delle questioni terrene. Il nuovo messaggio dello street artist torinese Andrea Villa ricorre al volto della senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ai campi di concentramento e testimone di ripetuti attacchi in rete. Il Banksy torinese, come è stato ribattezzato, contribuisce così a combattere l’odio online.

“Ho lavorato su un’assonanza visiva tra i capelli di Liliana Segre, molto vaporosi e bianchi, e la nuvola, qualcosa che è al di sopra di tutto, che se ne frega delle questioni terrene, impalpabile” ci racconta l’artista. Tre gli espositori pubblicitari in cui è comparsa l’opera lo scorso fine settimana, in corso Moncalieri, corso Vittorio Emanuele II e corso Cairoli. Sono la galleria di Villa, il marchio di fabbrica che lo ha reso noto in passato per altre campagne come la recente #Teachersdosex.

Ha scelto Liliana Segre per renderle omaggio oppure è stata l’espediente per parlare di cyberbullismo?

Per entrambi i motivi. In parte è sicuramente un omaggio a Liliana Segre, dall’altra parte è anche un modo per parlare di cyberbullismo. È un fenomeno che non riguarda solo i ragazzi e gli adolescenti, ma è un atteggiamento che si ha sui social media. Liliana Segre è una persona che non ha mai risposto volgarmente agli insulti e che non è presente sui social media con alcun profilo. In qualche modo è una persona che  “se ne frega”. Dovremmo farlo tutti. Ci sono un sacco di odiatori, ma bisognerebbe lasciarli stare. Bisognerebbe essere al di sopra di ogni odio.

Come è nata l’idea del manifesto?

Sull’odio in rete ho già fatto lavori in passato, ma questa volta c’è stato un commento, in particolare, che mi ha indotto a realizzare questo manifesto. Era un over 50 che sui social scriveva: “Con tutte le persone che sono state deportate, dobbiamo preoccuparci proprio di una che ha il vitalizio?”. Inaccettabile, non sta in piedi come affermazione. È uno stereotipo che i ragazzi non sappiano usare la rete, la realtà è che non la sanno usare gli adulti. Spesso sono proprio gli adulti il problema, perché non hanno familiarità con il mezzo. In passato si è detto che i giovani si sarebbero “rincoglioniti” con i videogiochi, ma in realtà sono stati gli adulti a “rincoglionirsi” con i social media.

Quindi è uno stereotipo anche che il cyberbullismo parta dai giovani e coinvolga solo i giovani?

Sì, è uno stereotipo. Il cyberbullismo è un atteggiamento. È un modo di concepire e utilizzare il mondo dei social media.

Come ha risposto Torino alla sua installazione?

È stata presa molto bene da tutti, in realtà. Certo, c’è qualche eccezione, ma è normale che sia così per un’opera che fa discutere. Torino mi ha accolto molto bene come artista. Mi aspettavo molte più resistenze anche dal modo artistico, invece sono stato accolto a braccia aperte dalla mia città.

Con il suo ultimo manifesto ha aderito all’hashtag #odiareticosta, la campagna lanciata dall’avvocatessa e attivista Cathy Latorre contro l’odio online.

Cathy Latorre aveva condiviso il lavoro di #teachertosex. Mi è piaciuta molto la sua campagna, anche perché i social media non sono ancora molto normati a livello legislativo, un po’ come succedeva per i fumetti all’inizio del ‘900, quando erano considerati media secondari. Fino ad ora non erano perseguiti gli insulti in rete, solo adesso le cose iniziano a cambiare. Non mi dispiacerebbe organizzare con lei qualcosa in futuro.

 
 
 
 
 
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A proposito di futuro, cosa ha in serbo nel cassetto?

Adesso sto strutturando alcune mostre e sto lavorando alla pubblicazione di un manifesto collettivo con altri artisti. Ci sarebbe dovuta essere una grande mostra, ma a causa Covid abbiamo dovuto rimandarla a data da destinarsi. Non vogliamo creare qualcosa che sia solo online, perciò preferiamo aspettare. Vorremmo creare qualcosa che sia fisico, ma anche virtuale così da creare un ponte tra le realtà e la virtualità. Ma in cantiere ci sono anche mostre museali e campagne pubblicitarie a tema ambientale.

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