La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

Amu tv contrasta la repressione della stampa in Afghanistan creando reti tra giornalisti

condividi

Con l’arrivo dei talebani in Afghanistan la vita delle persone è cambiata completamente e, con essa, anche la condizione della stampa. “Da un giorno all’altro i talebani hanno trasmesso una direttiva che diceva come volevano che i media operassero. In questa condizione non può esserci libertà di stampa”. A dirlo è Lotfullah Najafizada, fondatore e amministratore delegato di Amu tv, un canale televisivo internazionale per l’Afghanistan che ha sede a Washington dc e cerca di rivitalizzare la stampa libera nel paese, collegando i giornalisti afghani che si trovano all’estero con quelli che vivono all’interno del Paese. Najafizada è impegnato da tempo in questo ambito, tanto da essere stato l’unico giornalista afghano a partecipare a due cicli di colloqui della società civile con i talebani a Doha, nel 2019, e a Oslo, nel 2022, al fine di lottare per i diritti dei media nei colloqui di pace.

Secondo Najafizada, l’Afghanistan è uno dei luoghi più pericolosi per i giornalisti. “A livello di censura, non è ancora la Corea del Nord né l’Iran, ma potrebbe diventarlo. C’è una crescente censura e autocensura che subiscono in particolare i media che sono ancora nel Paese”. In un contesto di forte repressione Amu tv si distingue perché è una fonte critica di notizie indipendente al servizio della popolazione afghana. È nata proprio per rispondere al bisogno di notizie imparziali in Afghanistan.

La situazione è particolarmente critica per le giornaliste, alcune delle quali sono andate via dal paese. “Sono preoccupato che a un certo punto le donne non potranno più essere giornaliste. Al momento ce ne sono tante, ma la situazione potrebbe cambiare in peggio – commenta Najafizada -. Rispetto a un tempo, oggi le donne non possono più laurearsi in giornalismo. Uno degli obiettivi del presente è ragionare su come formare più donne reporter perché la richiesta c’è”.