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Adolescenti torinesi in cerca di autonomia: il progetto Aria

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Mancanza di prospettive, incertezza, difficoltà di realizzare il proprio progetto di vita. Secondo il sondaggio annuale di Skuola.net in collaborazione con Radio24, oltre il 50% dei giovani intervistati ha paura di non trovare lavoro dopo gli studi. Concentrando lo sguardo su Torino, il recente libro di Mario Zangola Smarrita occupazione stima che il 7% dei residenti della Città Metropolitana di Torino viva in situazioni di povertà assoluta. Insomma, sono tempi difficili per molti adolescenti e le loro famiglie e parlare con loro di autonomia e realizzazione di sé non è semplice.

Il Centro di ascolto Aria prova a farlo in molti modi. Uno di questi è l’omonimo progetto co-gestito dal Comune di Torino e da enti del privato sociale per promuovere il benessere tra i giovani e offrire occasioni di incontro. Nella giornata di oggi, 3 febbraio, la Scuola Holden ospita il convegno annuale del progetto Aria, in questa edizione dedicato all’autonomia degli adolescenti. I collaboratori delle varie associazioni aderenti hanno potuto riflettere sul significato profondo del tema e parlare della loro esperienza sul campo.

“Autonomia  – ha detto la dottoressa Alida Zugaro, psicoterapeuta dell’associazione Area G di Torino – non è indipendenza, non significa poter fare a meno di qualcuno. È il tentativo di realizzare la propria identità grazie alle relazioni, in cui siamo necessariamente immersi. L’obiettivo è diventare esattamente chi si è”.

Paola Isabello, psicologa e coordinatrice del Centro di ascolto di via Giolitti racconta che nei primi anni di lavoro ad Aria ha avuto la sensazione che il pensiero dell’autonomia dei giovani preoccupasse soprattutto i genitori :”Oggi invece riscontriamo un’ansia crescente da parte dei ragazzi nel pensarsi come persone che ce la possono fare: c’è molta paura di non soddisfare le aspettative della famiglia e della società. Penso che l’elevato numero di Neet (giovani che non lavorano e non sono in formazione, ndr) in Italia sia il sintomo di questa situazione in cui o si riesce a raggiungere standard elevatissimi o si rischia di non riuscire a trovare la propria collocazione” .

Diego Montemagno, presidente di Acmos, associazione che dal 1999 opera nelle scuole e con i giovani per orientarli alla cittadinanza responsabile e all’impegno sociale, politico e alla solidarietà, si sofferma su due nodi: il conflitto e la sofferenza. “Per crescere bisogna saper gestire il conflitto – spiega – . Una delle cose inquietanti della nostra epoca è che il conflitto sociale è stato inghiottito dagli individui, quando invece la politica dovrebbe rappresentare proprio uno spazio condiviso in cui si possa imparare a gestire la conflittualità”. Ma prima di arrivare a una gestione matura del conflitto, necessaria per i giovani, serve un passo preliminare: accettare ed elaborare la sofferenza: “Imparare a riconoscerla e ad affrontarla è fondamentale per costruire senso e dare una direzione alla propria vita”.

LUCA PARENA

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