La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

#abcfutura / 10 Umiltà

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«Umiltà» e «giornalista» sono due sostantivi che difficilmente vanno insieme. Anzi, in genere sono considerati antitetici, anche per colpa di chi interpreta questa professione come un esercizio di potere (in proprio o per conto terzi) e non per quello che è, ossia un servizio. Il rischio è che il giornalismo venga inteso, in primis, come mezzo di affermazione personale, piuttosto che come uno strumento indispensabile per la ricerca della verità. Non c’è dubbio che con l’avvento Internet e il dilagare dei social la percezione della distanza che separa i sostantivi di cui sopra sia aumentata di molto: eppure, l’umiltà non è una virtù anacronistica, ma un valore da recuperare e attualizzare. Anche perché, come disse un saggio, «l’umiltà ti impedisce di smerciare il cibo avariato della disinformazione e ti invita ad offrire il pane buono della verità».

Alla scoperta dello skateboard: sottocultura, sport olimpico e cultura d’aggregazione

Flip, ollie, 180 front-side, smith bigspin, tailgrab: quello dello skateboard è un lessico frastagliato, complesso e multiforme. A prima vista può venire avvertito come un codice appannaggio di una cerchia ristretta ma, in realtà, familiarizzare con questo linguaggio “sotterraneo” è abbastanza semplice: basta entrare in contatto con la giusta nicchia.

E, a Torino, quella nicchia la si può intercettare facilmente in Piazzale Valdo Fusi. Unico vero esempio di “skate plaza” in Italia, nel corso del tempo, questo spazio si è trasformato nel punto di ritrovo della scena torinese: progettata con un arredo urbano multifunzionale, richiama ogni giorno decine di praticanti esperti o alle prime armi. Valdo Fusi è uno spazio democratico e interclasse, ben lieto di accogliere chiunque: ci sono gli skater bravi e quelli un po’ meno, quelli che sono agli inizi e che si accorgono – cadendo – di quanto sia duro il cemento della piazza; ma la passione è più dura dell’asfalto e delle ginocchia sbucciate, e allora via a riprovare ancora una volta a chiudere quell’ollie.

Importato dagli Stati Uniti, dove nacque come variante del surf all’inizio degli anni Quaranta, col tempo è riuscito a proliferare in tutto il mondo, con alcune specificità relative ai diversi contesti nazionali. Lo skateboarding in Italia diventa popolare a partire dal 1977, a seguito di uno spot televisivo in cui appare su Rai Odeon. Tuttavia, negli anni seguenti, a causa della sua pericolosità, la città di Genova fu la prima a bandire e vietare questa pratica, ed il divieto venne allargato in tutta Italia l’anno seguente. Alla fine degli anni Novanta, con l’inaugurazione dell’Elbo Skatepark di Bologna, lo skateboarding torna a diffondersi e viene riconosciuto dal CONI come sport agonistico. Oggi la federazione in cui rientra questa disciplina è la FISR (Federazione Italiana Sport Rotellistici), che si occupa dell’organizzazione dei campionati italiani. A oggi l’azzurro più promettente a livello mondiale è Ivan Federico, che rappresentato l’Italia ai Giochi olimpici estivi di Tokyo 2020. Ma l’aspetto sportivo è soltanto la facciata più visibile di una sottocultura urbana più ampia che, nel corso del tempo, ha consentito a ragazzi di ogni estrazione comune di contaminarsi e diventare una comunità.