Un’epidemia sommersa, nascosta da un muro di silenzio. Secondo dati Instat del 2019, in Italia, si sono verificati 3680 casi di suicidio. Pochi, in relazione al totale della popolazione, moltissimi se si considerano le morti violente, il 21% dei casi. A Torino, lo scorso 24 marzo, ha aperto il nuovo Osservatorio nazionale suicidi, creato dalla Fondazione Abbattista, che ha la volontà di dare voce al silenzio, per aiutare le persone in difficioltà e le loro famiglie.
Raffaele Abbattista, che si occupa di pubbliche relazioni e mediazione con la sua azienda “Renovatio”, è direttore dell’Osservatorio. L’idea di aprire il centro nasce da una tragica esperienza: la morte del fratello Giuseppe Abbattista, che si tolse la vita a soli 28 anni.
“Cinque anni fa, dopo la morte di mio fratello, mi sono avvicinato a questa realtà. Il mondo dei suicidi mi ha stupito nei numeri e nella sua fragilità – racconta Abbattista -. Il fenomeno viene messo da parte, per vergogna, per il senso di colpa. Ci sono ancora molti pregiudizi. Questa esperienza ha fatto scaturire in me il desiderio di fare qualcosa: volevo creare un luogo dove si potesse parlare liberamente e fare cultura sul tema. Non parlare di qualcosa non vuol dire che questa non esista. La conoscenza può creare una mappa utile alle famiglie per capire”.
Tra le grandi regioni italiane, il Piemonte è quella con il più alto tasso di suicidi. Benché non esistano ancora dei rapporti ufficiali, è lecito pensare che gli ultimi tre anni non abbiano portato con sé un miglioramento generale. Come afferma il direttore Abbattista: “Il Covid ha aumentato la solitudine, la fragilità e quella sensazione di debolezza che possono contribuire ad aggravare lo stato delle persone in difficoltà. Chi si suicida non lo fa perché vuole morire, lo fa perché prova un dolore insopportabile”. Il clima in cui tutti noi viviamo, tra pandemia, crisi economica e (ultima arrivata) la minaccia del conflitto, ha acuito il disagio di molti individui.
Il suicidio è una malattia, e come tale si può diffondere, contagiando altri individui, ma può essere anche studiata ed affrontata. Nonostante uccidersi sia una scelta del singolo, le cui motivazioni cambiano da caso a caso, Abbattista crede che esistano dei pattern ricorrenti che possono essere studiati.
“Ci sono talmente tanti casi che la scienza e i medici hanno potuto generare dei fattori, degli ambienti, dei luoghi che possono essere ricorrenti, ma siamo ancora lontani da una vera mappatura. Vogliamo provare a creare una linea guida dei campanelli di allarme, per contrastare la frase più ricorrente che dicono i parenti: ‘non ci siamo accorti di nulla’. Quando mi sono confrontato con altre famiglie, ho potuto riscontrare dettagli ricorrenti tra loro e con la mia esperienza. Credo che sia molto importante la testimonianza di chi ha tentato il suicidio ma non è riuscito a compierlo”.
Il progetto nell’Osservatorio è solo nelle fasi iniziali, ma punta ad espandersi e allargarsi a macchia d’olio. Ora è possibile contattarli attraverso il sito Onsitalia.com, ma sperano di aprire la propria sede a Torino, per accogliere le persone e offrire i propri servizi, entro pochi mesi: “Molti pensano che il nostro debba essere un luogo in cui si parla di morte, ma non è assolutamente così. ‘Ons’ è una sigla che sta anche per ‘operazione nuova speranza’. Il nostro è un centro che è un inno alla vita. il concetto del suicidio è legato all’oscurità, noi volgliamo portare conoscenza sul tema, fare luce”.
Raffaele Abbattista conclude con un monito che è anche un punto programmatico: “C’è un frangente, un attimo, nella vita di chi ha perso il padre, la madre, un fratello, un amico, in cui si prende coscienza che questa persona si è tolta la vita, e allora si cade nel silenzio. Il nostro compito è dare voce a questo silenzio”.