Da stamattina 17 attivisti del variegato mondo No Vax e No Pass sono finiti sotto inchiesta, con l’accusa di istigazione a delinquere e le aggravanti del ricorso a strumenti telematici e istigazione a disobbedire alle leggi dello Stato. L’indagine, partita dalla Procura di Torino, ha portato a perquisizioni in tutta Italia: tra le 16 città coinvolte c’è anche il capoluogo piemontese, dove il questore ha adottato “fogli di via” nei confronti dei due noti no vax torinesi Rosa Azzolina e Francesco Centineo. Nel mirino il canale Telegram “Basta dittatura”, che raccoglie decine di migliaia di iscritti ed è il punto di riferimento organizzativo di tutti i principali spazi web di promozione di eventi di piazza contro le norme anti-contagio.
La notizia arriva due giorni dopo l’ennesimo sabato di protesta contro il green pass, con manifestazioni e presidi in tutto il Paese. Con Torino e Milano epicentro delle manifestazioni più frequentate e problematiche per la gestione dell’ordine pubblico.
Il racconto della giornata
Una lunga fila di persone attraversa piazza Castello. Sono gli attivisti no vax e no pass. Aspettano di sottoscrivere una petizione che chiede di abolire lo stato di emergenza: l’iniziativa, partita da Modena e allargata a tutte le città in cui si svolgono le proteste, punta alle cinquantamila firme, gridano dal palco. A fine giornata, ne hanno raccolte cinquecento.
Ma pare che a Torino fossero circa tremila, gli irriducibili della protesta contro il Green pass, sabato 13 novembre. Per la diciottesima settimana consecutiva, si sono riuniti in piazza Castello, per manifestare il proprio dissenso al certificato vaccinale. E con l’intento di infrangere, almeno simbolicamente, le regole impartite dalla Prefettura: in parziale deroga alle disposizioni del Viminale, che lunedì 9 novembre aveva messo una stretta alle manifestazioni, intorno alle 17 i dimostranti hanno fatto partire ugualmente il corteo. Salve le vie dello shopping, ma bloccato il traffico in corso Regina Margherita, via Napione e corso San Maurizio.
I fronti della protesta sono due: da una parte c’è quello principale, il presidio in piazza Castello, dove a partire dalle 16 si raduna un popolo variegato di contrari alla certificazione verde, con il gruppo “La Variante Torinese” che orchestra i giochi. “Nessuno può fermare il popolo unito”, sostiene Marco Liccione, amministratore del canale Telegram che conta più di duemila iscritti. “Gli insensati tentativi di Palazzo Chigi di opprimere il legittimo dissenso sono falliti. I sit-in proseguiranno a oltranza fino a quando il Governo non eliminerà l’obbligatorietà del green pass e Mario Draghi non si dimetterà insieme a tutto il suo esecutivo”, conclude. Musica, cartelli e qualche slogan. Alcuni curiosi si fermano ad ascoltare le esortazioni che rimbombano dal palco.
Un passante sdegnato grida ai no green pass di vaccinarsi: contro di lui partono in tre, ma la rissa si risolve in un nulla di fatto. Intanto, altri manifestanti si sono assiepati in piazza Carlo Felice, di fronte alla stazione Porta Nuova, in attesa del gruppo che arriva dalla Val di Susa. Partono, seguendo un furgone che viene usato come palco itinerante. A bordo c’è Ugo Mattei, docente universitario ed ex candidato sindaco. Puntano a raggiungere gli altri in piazza Castello, ma Via Roma è interdetta. La polizia offre un’alternativa: il corteo, scortato dalle forze dell’ordine, percorre corso Vittorio Emanuele, corso Re Umberto, piazza Solferino, poi via Santa Teresa e via XX settembre.
Le camionette della polizia bloccano via Po, dove i commercianti si lamentano per questa situazione che da settimane si ripete uguale ogni fine settimana, e il serpentone dei contrari al Green pass scende dai Giardini Reali per proseguire il suo percorso e ritornare al punto di partenza, piazza Castello. Proprio lì dove tutto è iniziato, lo scorso 22 luglio. E dove probabilmente continuerà.