Le lancette della Cavallerizza reale di Torino si sono fermate. Cinque anni fa, in piena campagna elettorale, la promessa che la giunta a guida 5 Stelle non avrebbe mai considerato l’ipotesi della privatizzazione. Oggi, invece, la messa in vendita dei plessi di proprietà comunale.
Ma per comprendere come si sia arrivati a questo punto, è utile fare un ripasso dei principali fatti che hanno interessato la Cavallerizza negli ultimi anni.
“Non si torna indietro”
La scadenza del bando di gara per l’asta pubblica è fissata per il 9 settembre, a una manciata di settimane dalla fine del mandato Appendino. Da questo dipenderà il futuro del complesso incastonato tra via verdi e piazza Castello. Una prima manifestazione di interesse ci sarebbe già stata da parte di Fondazione compagnia di San Paolo che in quegli spazi avrebbe intenzione di farci il suo centro direzionale.
Il percorso appare tracciato. Lo conferma Chiara Foglietta, consigliera comunale Pd: “Difficilmente si potrà tornare indietro”, dice mentre è in corso la raccolta di 10mila firme, promossa dal comitato #Latuacavallerizza, per impedire che la privatizzazione diventi realtà.
Le firme mirano a promuovere un referendum abrogativo del piano unitario di riqualificazione (PUR). Si tratta del piano approvato dalla città di Torino che, di fatto, consente la privatizzazione dell’immobile definendone però anche i tipi di intervento consentiti e specifiche destinazioni d’uso.
Al punto di partenza
Il nodo intorno a cui gira l’intera vicenda che per anni ha mobilitato cittadini e associazioni è proprio il PUR. Nel 2016 la sindaca Chiara Appendino contestava quello elaborato dal suo predecessore, Fassino.
Oggi, invece, il consiglio comunale a maggioranza 5 Stelle ne approva uno “che ricalca il PUR della giunta Fassino”, osserva Foglietta dal Pd. Un piano che concede qualche spazio in più da destinare a uso pubblico, ma che non giustifica le promesse elettorali né lo stallo degli ultimi anni. “Così si sono persi 5 anni – ammonisce Chiara Foglietta – che per un bene del genere sono tanti. Non lo avremmo certo restituito alla cittadinanza, ma lo avremmo perlomeno tutelato”.
Il futuro (non solo) della Cavallerizza
Solo il referendum abrogativo potrebbe rimescolare le carte. Ritirare il piano unitario di riqualificazione significherebbe annullare il bando per la vendita della Cavallerizza. In caso contrario, il destino dello stabile sarà essere privatizzato. Almeno in parte. Le restanti aree destinate a uso pubblico, infatti, potranno essere affidate alla gestione di soggetti interessati ad attività che consentano alla collettività di tornare a fruire della sua Cavallerizza.
Ma un tema su cui la politica dovrà confrontarsi in campagna elettorale esiste. Non sarà la Cavallerizza, ma quello che questa vicenda ha messo in luce: la tutela dei tanti immobili di proprietà comunale abbandonati al loro destino. “La prossima amministrazione dovrà occuparsi di questo”, commenta la consigliera Pd.
“Sarebbe necessario invertire la rotta – aggiunge – Invece che venderli, quei beni dovrebbero essere messi a bando dandoli in concessione a realtà che li restituiscano alla città non solo dal punto di vista infrastrutturale, ma anche sociale e culturale”. E allora qual è l’ostacolo? “Il comune è sempre bisognoso di liquidità di cassa. Quindi per far quadrare i conti preferisce provare a incassare con le vendite invece di fare un progetto di ampio respiro”