E fu così che, sei mesi dopo, riapparve la cultura. Forse. Da lunedì 26 aprile, zona gialla permettendo, i nastri cinematografici torneranno a girare, tra incognite e problemi. Dopo mille rinvii, polemiche e proteste, questa sembra la volta buona, e le associazioni di categoria apprezzano il passo che le istituzioni hanno fatto verso di loro. ” Stiamo ancora aspettando i protocolli, ma stiamo prendendo positivamente il fatto che il governo abbia dimostrato di porre attenzione alla cultura – dice Marta Valsania, Segretario generale di Agis Piemonte e Valle D’Aosta , – e siamo felici che la nostra richiesta di aumentare la capienza fino al 50% dei posti disponibili sia stata accolta, per molte sale il limite del 25% sarebbe stato antieconomico”.
La situazione non permette però di festeggiare totalmente, visto che a Torino già diversi esercenti hanno deciso di non riaprire. “La conferma del coprifuoco alle 22 è un limite – prosegue Valsania – , le giornate sono di fatto dimezzate e a risentirne potrebbero essere soprattutto le sale di periferia, e a ciò si aggiunge anche il divieto di vendita di cibo e bevande, che preclude alla clientela soluzioni alternative”. Niente possibilità di cenare sulle poltrone dunque, sostituendo ai popcorn un pasto più sostanzioso. Ma quello degli orari stringenti è solo uno dei problemi. ” Un’altra difficoltà che molti esercenti stanno incontrando è quella della disponibilità dei film, le distribuzioni per lanciare un titolo necessitano di un periodo che va dai 30 ai 50 giorni”, conclude Marta Valsania.
Più in generale, l’accento si sposta sul modo in cui la pandemia ha cambiato il modo di fruire cinema. Sul tema, grandi distribuzioni e cinema d’essai viaggiano su punti interrogativi simili. “Non sappiamo cosa succederà – le parole di Enrico Verra, coordinatore di Aiace Torino, l’Associazione italiana amici del cinema d’essai, -, il rapporto tra sale e piattaforme è cambiato, molti film sono già usciti in streaming, sarà difficile tornare indietro”. Non preoccupa troppo, invece, la possibile disabitudine nel recarsi nelle sale. “Il cinema d’autore – dice Verra, – ha un pubblico meno ampio ma molto fedele, che ama la fruizione in sala. Siamo molto fiduciosi che il pubblico tornerà”.
Perplessità, dubbi e un’unica certezza. Quella luce chiamata cultura è stata spenta per troppo tempo, e deve tornare al più presto a nutrire le vite di tutti noi.