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Rider di nuovo in piazza: i perché della protesta

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Biciclette e scooter fermi, zaini vuoti e rider giù dalla sella. Per oggi non si effettuano consegne a domicilio. Dopo le proteste dello scorso novembre, i fattorini tornano in piazza dire basta allo sfruttamento delle multinazionali del food delivery. Da Milano a Firenze, da Torino a Bologna, passando per Reggio Emilia, Napoli, Rieti, Messina, Trieste. Lo sciopero, indetto per la data odierna (26 marzo) dal sindacato Uiltucs, CGIL e dalla rete nazionale RidersXiDiritti, coinvolge oltre venti città italiane. “In questa pandemia ci hanno definito come lavoratori ‘essenziali’, in un contesto dove le piattaforme non ci fornivano nemmeno le mascherine e, per una simile ovvietà, siamo dovuti ricorrere in tribunale. Essenziali lo siamo stati per davvero, avendo sorretto sulle nostre spalle il settore della ristorazione colpito dalle chiusure dovute all’emergenza sanitaria. Ma gli ‘essenziali’ non possono continuare ad essere anche gli ‘invisibili'” – si legge nella lettera aperta diffusa da RidersXiDiritti sui social, con tanto di invito ai clienti a non effettuare ordini sulle varie piattaforme di food delivery come Deliveroo, Glovo, Just Eat e Uber Eats. Le multinazionali del cibo d’asporto erano già finite nel mirino della Procura di Milano per aver violato gli obblighi di sicurezza e di versamento dei contributi previdenziali e assicurativi nei confronti di 60mila lavoratori.

Alla base della mobilitazione, c’è l’accordo “pirata” sottoscritto da Assodelivery (l’associazione a cui aderiscono le principali multinazionali di food delivery) e UGL sul contratto collettivo nazionale di lavoro dello scorso 15 settembre 2020, il primo finalizzato a regolare i rapporti di lavoro dei ciclofattorini impegnati nella consegna di cibo a domicilio. Il contratto già a novembre era stato aspramente criticato dal ministero del lavoro perchè basato sul cottimo, ovvero sulla retribuzione per ogni singola consegna effettuata e non per le fasce orarie effettivamente coperte dal lavoratore. In questo modo i rider continuano a essere considerati dei lavoratori autonomi e non dipendenti veri e propri. Questo preclude anche, come si legge nell’articolo 3 del contratto, “la maturazione a favore del rider di compensi straordinari, mensilità aggiuntive, ferie, indennità di fine rapporto o altri istituti riconducibili al rapporto di lavoro subordinato”. Inoltre, secondo l’articolo 11 del testo, la paga oraria di 10 euro si ottiene soltanto nel caso in cui l’ora lavorativa viene impiegata interamente nelle attività di consegna. In caso contrario, la cifra in questione può essere riproporzionata in base alla prestazione effettiva, stabilita dal giudizio insindacabile della piattaforma.

“Le condizioni dei rider da quando è stato siglato l’accordo Assodelivery – UGL sono peggiorate. Continuiamo a vivere nella precarietà e sono diminuite anche le ore di lavoro. Io ho 43 anni, faccio il rider da tre e mi devo adattare a quello che mi danno. Sono fuori dal mercato del lavoro, ecco perchè non posso cambiare mestiere. Non trovo nient’altro”, spiega Enrico, uno dei rider scesi in piazza Statuto, a Torino, per protestare insieme ai colleghi. “E’ urgentissimo riaprire il tavolo con governo, sindacati e Assodelivery per discutere la questione centrale del superamento del contratto collettivo firmato da UGL e Assodelivery e riconoscere la subordinazione a tutti i rider che continuano a lavorare in condizioni di schiavismo e a cottimo”, afferma invece Lucia Santangelo, della segreteria Nidil Cgil.

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Tra i manifestanti anche diversi lavoratori di Just Eat, che da novembre non fa più parte di Assodelivery. Il gigante del cibo a domicilio ha diviso il fronte delle piattaforme opponendo al ccnl il cosiddetto “modello Scoober”, già sperimentato in 12 città italiane, con l’obiettivo di assumere oltre mille fattorini entro la fine di aprile. Il modello contrattuale promosso da Just Eat prevede tutele quali indennità integrative per lavoro notturno, festività e straordinari, la concessione di ferie, giorni di malattia/paternità e una remunerazione fissa pari a 7,50 euro l’ora più bonus legato al numero di consegne. Ma il modello non ha incontrato il favore dei collettivi “Deliverance Project” e “Rider in lotta Milano”.

Le critiche rivolte a Just Eat mettono in evidenza come alcune importanti clausole lavorative, tra cui le modalità degli straordinari, l’indennità per utilizzo del proprio mezzo, la determinazione dei giorni festivi e dell’orario notturno sono rimandate ad un regolamento aziendale di cui il rider non prende visione al momento della firma sul contratto. Inoltre, nello stesso post pubblicato su Facebook da “Rider in lotta Milano”, si contesta alla piattaforma la durata spropositata dei giorni di prova (26), l’orario base di lavoro fissato a sole 10 ore settimanali, le pause non pagate per chi svolge turni superiori a 6 ore, gli orari notturni compresi tra la mezzanotte e le 5 del mattino. A tutto questo si aggiungono poi clausole strettissime sugli indumenti da indossare durante i turni, l’impossibilità di declinare la richiesta di svolgere ore di lavoro supplementare e la cosiddetta “clausola di elasticità”, che permette all’azienda di modificare l’orario settimanale dato ai lavoratori il giovedì senza che siano specificati i termini di preavviso.

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Al di là delle proteste sindacali, un piccolo passo in avanti verso il riconoscimento dei diritti e delle tutele dei rider è stato fatto nella giornata di mercoledì 24 marzo, con la firma del “Protocollo sperimentale per la legalità contro il caporalato, l’intermediazione illecita e lo sfruttamento lavorativo nel food delivery” da parte del ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Andrea Orlando, Assodelivery e le associazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil. Di fatto, si tratta del primo vero e proprio cenno d’intesa tra le parti. “Credo sia giusto garantire massima visibilità alla firma dell’accordo perché costituisce un punto di riferimento molto importante e mi auguro possa anche rappresentare un precedente per compiere altri passi nella direzione che viene qui definita”, il commento del ministro.

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