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Covid, l’immunologo Di Perri: “Pressione negli ospedali in aumento. La terza ondata era prevedibile”

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Il Piemonte si appresta a tornare in zona rossa, ma per Giovanni Di Perri, immunologo e Direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino, si sarebbe potuto evitare: “Quest’ondata era prevedibile, la presenza di un elemento nuovo come la variante inglese, del 40% più contagiosa, ha rotto un equilibrio che proseguiva da Natale, portando a un’impennata di casi che si è tradotta in un aumento della pressione ospedaliera. Sapevamo sarebbe successo, ma i provvedimenti presi non sono stati sufficienti”.

Il Piemonte è la regione in cui i casi di Covid-19 crescono più velocemente, con un incremento del 47,8% rispetto alla settimana scorsa e un’incidenza di 277 casi ogni 100.000 abitanti. Numeri allarmanti. “Siamo già a 2500 ricoveri ordinari – prosegue Di Perri – nel picco della seconda ondata eravamo arrivati a 5000. Ma sono numeri in espansione, come nelle altre ondate abbiamo già provveduto a riconvertire i reparti per fare posto ai pazienti Covid”. L’aumento dei ricoveri ordinari e in rianimazione, con un tasso di occupazione delle terapie intensive del 42% (superata ampiamente la soglia critica del 30%) ha fatto slittare ricoveri e visite non urgenti, e l’associazione dei medici del Piemonte ha chiesto la riapertura dell’ospedale temporaneo del Valentino per sopperire alla mancanza di posti letto.

Di Perri non sottovaluta l’impatto della riapertura delle scuole sull’aumento dei contagi: “L’età scolare fa registrare l’incidenza d’aumento più alta, e da loro l’infezione si sposta verso le fasce d’età avanzata, causando maggiori problemi dal punta di vista sanitario. Capisco perfettamente il disagio degli studenti, ma in questa fase la Dad è inevitabile”. Una chiusura dettata anche dalla campagna vaccinale: “Meno virus replica, meno virus tende a sviluppare nuove varianti che potrebbero in prospettiva ridurre l’efficacia del vaccino. Da un lato bisogna accelerare con le vaccinazioni, dall’altro ridurre la circolazione del virus”. Un’opinione non molto differente da quella del virologo Andrea Crisanti, che invoca un nuovo lockdown per favorire la buona riuscita della campagna di vaccinazione, anche per la maggior disponibilità degli operatori sanitari non impiegati nei reparti Covid.

Sull’andamento della campagna vaccinale Di Perri aspetta a fare valutazioni: “Un giudizio potremo darlo solo quando avremo vaccini in abbondanza, in un regime di scarsità di dosi non si può imbastire una campagna di massa. Poi il piano vaccinale è stato modificato più volte e questo genera un po’ di confusione. Il personale docente categoria prioritaria? Sarebbe meglio differenziare tra un professore di Medicina che vive in reparto e un professore di Lettere che fa lezione online. In ogni caso avrei iniziato vaccinando gli over 60: se vacciniamo loro la pressione sugli ospedali diminuisce sensibilmente, i più giovani continueranno a contagiarsi ma per loro la probabilità di ammalarsi gravemente è assai inferiore”. Riguardo all’uscita definitiva dalla pandemia, il professor Di Perri è ottimista: “Se sfruttiamo bene l’estate, dove la vita all’aperto farà con ogni probabilità calare i contagi, per vaccinare tutte le fasce di popolazione, in autunno siamo fuori”.

L’autunno però è ancora lontano, e mezza Italia si prepara a ritornare nella fascia con maggiori restrizioni. Occorre fare presto per fermare l’impennata di contagi, e il Presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio chiede al governo di anticipare l’ingresso in zona rossa (previsto per lunedì) a sabato 13 marzo, in modo da evitare un ultimo weekend di assembramenti.

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