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Italia-Germania 4-3, gli errori e le prodezze che hanno scritto la storia

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Fino al 91’ Italia-Germania Ovest, semifinale dei Mondiali di Messico 1970, era una partita di calcio come tante. Importante, sofferta, ma niente in confronto a quello che doveva ancora succedere. Sono bastati altri trenta minuti per trasformarla in qualcosa di indimenticabile. Una sceneggiatura imprevedibile, piena di stanchezza, coraggio, errori. Oggi compie 50 anni. Una targa all’esterno dello stadio Azteca di Città del Messico la ricorda come “el partido del siglo”, ‘la partita del secolo’. Per tutti noi è diventata Italia-Germania-quattro-a-tre.

Al fischio d’inizio sono le 23 italiane del 17 giugno. Difficilmente qualcuno avrà preso sonno davanti alla tv durante la telecronaca per la Rai di Nando Martellini, ma la semifinale non si accende fino a quando Karl Schnellinger, difensore tedesco che gioca in Italia nel Milan, avanza nell’area di rigore avversaria. Non ha mai segnato un gol con la maglia della Nazionale, in realtà vuole avvicinarsi agli spogliatoi in vista della fine della partita, decisa nei primi minuti di gioco da un gran gol dalla distanza di Roberto Boninsegna. L’arbitro Arturo Yamasaki, messicano nato in Perù di origini orientali, tarda però a fischiare e Jürgen Grabowski fa in tempo a tentare ancora un cross dalla fascia sinistra. Nessuno si aspetta di trovare Schnellinger lì dov’è, pronto alla deviazione vincente alle spalle del portiere italiano Enrico Albertosi. È 1-1, non è finita. Solo adesso cominciano i tempi supplementari.

Improvvisamente succede di tutto. I 2200 metri di altitudine appesantiscono i muscoli e annebbiano le idee dei giocatori, gli spunti e gli errori individuali prendono il sopravvento su qualunque gesto studiato. I due gol di Gerd Müller, il 2-2 di Tarcisio Burgnich, il 3-2 di Gigi Riva e il 4-3 finale di Gianni Rivera scrivono la storia. Lontana cinquant’anni, eppure così familiare, ancora piena di magia.
La storia, le storie e i ricordi di quella partita hanno ispirato 4 a 3, l’ultimo libro (edito da HarperCollins Italia) del giornalista e inviato di Repubblica Maurizio Crosetti. Un lavoro che chiaramente non intende solo celebrare un anniversario importante, ma raccontare con uno sguardo fresco e originale i personaggi che hanno dato vita a quella partita proverbiale: “Ho cercato di incrociare tra loro i piani personali, sportivi e di memoria condivisa. Ogni capitolo è intitolato a un giocatore, credo che le persone e le loro storie debbano essere il cuore di ogni racconto” spiega l’autore. Sport e cultura, sport è cultura. Per chi conosce bene il mondo del calcio come Crosetti tutto ciò che accade sul terreno di gioco nasce da e produce effetti su quanto accade al di fuori: “Tutti i campioni di Italia-Germania provenivano da famiglie che avevano attraversato la Seconda Guerra Mondiale. Molti erano nati poveri, erano dei “lavoratori” del pallone. Questo ce li faceva sentire molto più vicini di quanto possa accadere con le stelle “pop” di oggi”.

Umani per le loro imprese e per i loro errori: noto ma non notissimo il controllo sbagliato con cui Fabrizio Poletti (“un personaggio da romanzo, fatto e finito di suo” secondo Crosetti) propizia il vantaggio della Germania nel primo tempo supplementare. Subentrato al posto di Roberto Rosato, impeccabile per tutta la partita su Müller, Poletti dà un’accelerazione notevole all’ottovolante delle emozioni. Ben più celebre l’incertezza successiva di Rivera, piazzato a difesa del palo ma incapace di impedire che il pallone del 3-3 ancora di Müller scivoli in rete. Il destino ha voluto che, appena un minuto dopo, lo stesso Rivera segnasse il gol decisivo con un colpo di piatto sicuro, ragionato per ingannare l’affannoso recupero della posizione del portiere Sepp Maier.
In un momento puoi commettere un errore fatale senza che questo ti impedisca, nell’istante successivo, di compiere la prodezza risolutiva. “Questa partita ancora oggi ribadisce una verità tanto banale quanto ineludibile” conclude Crosetti. “Il calcio è quello sport in cui non sai mai davvero che cosa possa succedere”.

LUCA PARENA

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