Un call center per offrire aiuto alle persone meno tecnologiche: si chiama Hackability@home ed è un servizio gratuito nato durante l’emergenza sanitaria Covid-19.
“Alcune persone ci hanno palesato la loro difficoltà con la tecnologia: siamo partiti da qui, dall’isolamento – spiega Carlo Boccazzi Varotto, presidente della non-profit Hackability – . Per molti il lockdown ha voluto dire non avere più vicino qualcuno che li aiutasse. E così abbiamo messo a disposizione le nostre competenze digitali attivando questo sportello telefonico”.
Il numero 01119117853, attivo ogni giorno dalle 10 alle 12, è attivo dal 23 marzo e lo rimarrà fino al 30 maggio. In questo arco di tempo i volontari di Hackability at home hanno risposto a 250 chiamate e le richieste degli utenti sono state le più varie: aprire un account di posta elettronica, scaricare l’autocertificazione, videochiamare su Skype i nipotini, comprare un prodotto online. Le azioni che possono apparire scontate per qualcuno, per altri risultano essere un muro invalicabile: è a tutti loro che Hackability ha teso una mano. “Alcune delle persone che ci hanno chiamato sono scoppiate a piangere, è un’esperienza fortissima anche sul piano emotivo – spiega Varotto – In una situazione di isolamento, tutto quello che si può fare con il digitale diventa importante: molti si sono posti problemi a cui mai avevano pensato prima”. All’inizio chiamavano perlopiù mamme per risolvere problemi inerenti alla didattica, poi è stata la volta degli anziani, che volevano parlare con la famiglia o con gli amici in remoto, e alla fine sono arrivate chiamate anche da giovani adulti che si sono trovati a lavorare da casa senza averlo mai fatto prima.
In totale Hackability at home ha messo in campo 24 volontari, tra chi doveva rispondere al telefono, chi richiamava gli utenti per risolvere i problemi esposti, e un gruppo di sette specialisti che si occupava di questioni molto particolari e specifiche. Durante il lockdown hanno lavorato a distanza, ognuno da casa propria: “Il problema era trovare un’infrastruttura che ci permettesse di avere un unico numero di telefono da cui potessimo accedere in tanti da remoto”. Grazie alla sponsorship con la società di telefonia Lyber, è stato possibile gestire un unico centralino attraverso un portale web.
Ora che è iniziata la fase 2 e le misure di isolamento sono state allentate, prosegue Boccazzi Varotto, “stiamo provando a capire se riusciremo a trasformare tutto questo in un sistema di tutorial pensati appositamente per gli anziani e le persone con disabilità, per continuare a insegnar loro a usare la tecnologia”. La soddisfazione più grande, per il responsabile di Hackability, è stata “fare qualcosa di veramente utile per qualcuno e vederla funzionare, nonostante sia stata creata in emergenza e senza poterci guardare in faccia. Siamo partiti immediatamente e gratis: questo ha fatto la differenza”.
“Molti anni fa, nel 2010, indagavamo i fabbisogni di tipo edilizio delle persone con disabilità – racconta Boccazzi Varotto -. Ci siamo accorti che si trattava di veri e propri inventori che realizzavano da soli presidi e soluzioni per l’autonomia, creando oggetti non in commercio oppure riproducendo quelli troppo cari”. Dopo una serie di incontri molto partecipati, Hackability nasce nel 2016 con l’idea di costruire sempre più eventi di coprogettazione e di codesign. L’associazione torinese fa incontrare i bisogni e l’inventiva delle persone con disabilità e le competenze di designer, maker, artigiani digitali per realizzare soluzioni nuove e personalizzate per la vita quotidiana.
Oltre a permettere di realizzare oggetti d’uso comune o complessi, soluzioni domotiche, presidi, nuovi servizi a basso costo e scalabili, la metodologia di Hackability vuole sviluppare inclusione sociale e aumentare la conoscenza delle problematiche di accessibilità legate alla disabilità e all’avanzare dell’età. I risultati della progettazione rimangono a disposizione dei gruppi che li hanno realizzati, e sono disponibili sulla piattaforma www.hackability.it. In tre anni l’associazione ha realizzati più di 120 progetti e coinvolto circa 900 persone. Attraverso l’HackabilityLab sta cercando di costruire e consolidare una rete di laboratori territoriali di produzione, di formare e offrire strumenti al mondo della disabilità per l’autocostruzione e l’uso autonomo delle tecnologie digitali.
In questo periodo di emergenza l’associazione ha spostato il proprio laboratorio a casa e continuato a co-progettatore delle soluzioni a distanza. “Abbiamo realizzato qualche valvola, circa 90, per i respiratori, principalmente su richiesta di ospedali. Poi abbiamo cercato di immaginare dei guanti per la sicurezza delle persone con problemi agli arti, e oggetti per indossare i guanti con una mano sola. Poi, su richiesta di personale ospedaliero, è partito un tavolo per dei porta tablet e porta cellulari che permettano alle persone in terapia di interagire con l’esterno, senza avere bisogno del supporto di infermieri e medici. È un’esigenza che ora sta venendo meno, ma vedremo come si evolverà con la fase 2, in cui l’evoluzione dei bisogni è rapidissima”.