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La chiusura del dormitorio di piazza d’Armi preoccupa associazioni e opposizioni

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La chiusura del dormitorio di piazza D’Armi – che si trova in corso Monte Lungo – ha riacceso il dibattito pubblico sui senzatetto e l’emergenza Coronavirus. Un gruppo di senza dimora, ieri, martedì 5 maggio, si è radunato davanti al Comune di Torino per protestare contro la decisione di sospendere le attività di una struttura che ospitava almeno 100 persone.

La vicesindaca e assessora ai Servizi Sociali Sonia Schellino durante la seduta del Consiglio comunale ha motivato la chiusura spiegando che la decisione è stata presa per scongiurare il “rischio di assembramenti” in spazi ristretti e altre possibili problematiche sanitarie. L’assessora ha spiegato che il sistema di accoglienza è stato potenziato nelle ultime settimane.

Il provvedimento del Comune ha sollevato la protesta delle opposizioni. Secondo Mimmo Carretta del Partito Democratico si dovevano “informare meglio gli ospiti del campo di accoglienza, con preavviso più adeguato, sia della chiusura sia della possibilità di alternativa”.

 

[aesop_document type=”pdf” src=”http://futura.news/wp-content/uploads/2020/05/2_schede_allegate_alla_dgc_2019_03319.pdf” title=”Il piano sociale di inclusione cittadino ” caption=”Il piano ha regolato le attività del dormitorio di Piazza d’Armi fino al 3 maggio” download=”on”]

 

 

“Capisco che la struttura di Piazza d’Armi – costituita da container – non sia adeguata in questo periodo di emergenza sanitaria, come del resto altre  strutture dei dormitori pubblici cittadini. Ma occorre riflettere sul fatto che ad oggi già molti senza dimora sono fuori dalle minime garanzie di accoglienza: è impensabile che la risposta da parte di chi ha responsabilità pubbliche sia di metterne altri 100 in strada”. A parlare è Stefano Turi, avvocato  – è tra i volontari della sede torinese di Avvocato di Strada – e membro del consiglio nazionale della fio.Psd – Federazione Italiana Organismi per Senza Dimora. 

La gestione del dormitorio di Piazza d’Armi era affidata al Piano “Emergenza Freddo”, regolato a sua volta dal Piano Sociale di Inclusione Cittadino del settembre 2019. Le attività previste erano in scadenza a maggio e il Comune ha deciso di non prorogarle. “Si poteva agire per tempo e trovare una soluzione prima di chiudere il dormitorio. Occorre governare il fenomeno e rendersi conto di una situazione critica sia per gli operatori sociali che per i senzatetto”, afferma Turi.

Secondo il membro della fio.Psd le istituzioni avrebbero fatto meglio ad avviare un dialogo con Federalberghi all’inizio di marzo, nei primi momenti del lockdown nazionale.”Potevano essere coinvolte queste strutture per alleggerire il peso dei dormitori. Sono spazi che garantirebbero molte più misure di sicurezza e che al momento si trovano vuoti e privi di turisti”.  E nel caso di una risposta negativa da parte dell’associazione? “Si poteva procedere adottando un’ordinanza urgente, sindacale o prefettizia, procedendo alla requisizione ad uso immobile di alcune strutture alberghiere”.

Per l’avvocato la situazione è rimasta pressoché identica a due mesi fa. Una gestione dei senzatetto affidata perlopiù al volontariato: “L’apporto del Terzo Settore è fondamentale per gestire queste situazioni. Gli operatori sociali sono in prima linea e preparati. Ma il ruolo delle amministrazione pubbliche è fondamentale per dettare le regole del gioco”.

Secondo Turi lasciare i senzatetto in strada, senza assistenza sanitaria,  espone anche gli altri cittadini ai pericoli del virus. “Tutelare la salute individuale è anche tutelare la salute collettiva di tutti i cittadini”.

 

 

RICCARDO PIERONI 

 

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