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Coronavirus, le buone pratiche e i problemi della formazione a distanza

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L’emergenza coronavirus ha portato le scuole italiane a confrontarsi con la formazione a distanza e, di conseguenza, con l’utilizzo degli strumenti digitali. Una inaspettata necessità per il sistema scolastico nazionale. Il governo ha infatti predisposto – con una serie di decreti nelle ultime settimane – la sospensione delle lezioni negli istituti, nei licei e nelle università,  nelle scuole di ogni grado e tipo.

Con le prime settimane di formazione a distanza sono emerse però alcune problematiche. “C’è molta confusione su come viene gestita la didattica, non ci sono linee guida chiare da seguire. Ogni docente fa quello che può”, spiega Giulia Biazzo, coordinatrice nazionale del sindacato Unione degli Studenti.

Oggi pomeriggio, alle 15, Biazzo – insieme ai rappresentanti di altre organizzazioni studentesche – incontrerà la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina. L’obiettivo dell’incontro è quello di avere chiarimenti sulle dispozioni in vigore e sull’attuazione della formazione a distanza. L’Unione degli Studenti ha condotto un’inchiesta tramite un questionario che ha avuto più di 13mila risposte. I risultati verranno portati all’attenzione del Ministero. “Chiederemo innanzitutto che venga garantito il diritto allo studio. Tantissimi studenti non hanno una connessione wi fi adatta e in famiglia devono dividere il computer con i propri genitori, che magari stanno lavorando a distanza”, sostiene Biazzo.  In più, vi sarebbe un problema legato alle valutazione dell’attività didattica che si sta svolgendo. “Non è stata fornita alcuna informazione su come saremo valutati in queste settimane, visto anche l’appalto di contenuti e mezzi della didattica a ditte private. Non sappiamo nulla sull’esame di maturità”, afferma la coordinatrice nazionale del sindacato. 

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Google, Microsoft, Tim e Treccani: sono queste alcune delle aziende private e istituzioni culturali che in questo momento stanno offrendo, con i loro software e le loro piattaforme, un grosso aiuto alla realizzazione della formazione a distanza in Italia. L’utilizzo di questi strumenti digitali può creare delle problematiche sulla diffusione dei dati personali. “Non contestiamo la presenza dei privati nella gestione della didattica a distanza, però andrebbero chiariti meglio alcuni aspetti: come verrà gestita la valutazione degli studenti con questi software?” si domanda Biazzo.

Allo stesso tempo, però, questo tipo di strumenti – molti dei quali semplici da utilizzare e soprattutto gratuiti – ha permesso in queste prime settimane l’attuazione di una didattica a distanza, in un paese che sconta un certo analfabetismo digitale tra i docenti. Secondo WeSchool, startup che si occupa di strumenti per la didattica online, soltanto il 20 per cento dei docenti italiani è in grado di insegnare a distanza, il 40 per cento è interessato a imparare a farlo e il restante 40 per cento è contrario.

Alcune di questi strumenti digitali sono stati segnalati direttamente dal Miur su una pagina dedicata, mentre altri sono state raccolte da Carola Frediani, giornalista esperta di cyber – security, nella newsletter “GuerradiRete”.

 

Le buone pratiche

Salvatore Giuliano, già sottosegretario all’Istruzione nel governo Conte I e dirigente scolastico dell’Istituto Majorana di Brindisi, ha trasformato “un’emergenza in opportunità”.  Già prima dello stop alle lezioni aveva messo materiali didattici (video-lezioni online di Fisica, Chimica e Matematica) a disposizione delle scuole costrette a fermare le lezioni in classe. Nei giorni scorsi il dirigente scolastico ha permesso che i suoi alunni si collegassero via web per spiegare la chimica ai bambini e ai ragazzi dell’istituto comprensivo di Lozzo Atesino di Vo’, una delle scuole chiuse e presenti nella vecchia zona rossa veneta.

 

 

RICCARDO PIERONI

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