“Libri in crisi, Druetto chiude”: nel 2006 così titolava La Repubblica Torino, mettendo in evidenza il problema degli esercizi che chiudono una volta per tutte la saracinesca. L’argomento è attualissimo e rimbalza sui giornali nelle ultime settimane, visto che lo scorso 15 gennaio i quotidiani torinesi hanno rilanciato la notizia della chiusura di Paravia, la più antica tra le librerie di Torino. La lunga crisi delle librerie, dunque, si notava già dieci anni fa, quando Amazon non era ancora il colosso che è adesso. O forse ci si accorge troppo tardi di una difficoltà che era già evidente da tempo.
“Sorprende – commenta il sociologo dei media Cristopher Cepernich – che oggi faccia notizia la chiusura di una libreria storica in città. Gli effetti in prospettiva dell’e-commerce sulla distribuzione dei beni di consumo culturale sono noti da oltre vent’anni. Piuttosto sarebbe interessante valutare quando e perché l’intermediazione della libreria riesca a mantenere un valore aggiunto: per un’antica libreria che chiude nel fragore della sua storia, altre sono sorte in aree meno centrali della città o all’interno dei centri commerciali. Altre ancora continuano ad operare nei quartieri nella disattenzione dei media. Insomma cambia il mondo, cambia la geografia della città e fatalmente si trasformano anche il senso e la funzione di una libreria”.
Ha letto le chiusure in una dimensione di mutamento anche l’imprenditore esperto di innovazione ed ex deputato Stefano Quintarelli, che è intervenuto nel dibattito con un tweet proprio stamattina, 16 gennaio, scatenando reazioni di vario segno tra numerosi utenti di Twitter:
È un grave errore confondere un cambiamento strutturale con una crisi https://t.co/fHCkvZlY66
— Stefano Quintarelli (@quinta) January 16, 2020
“È vero che chiudono molte librerie, spesso ‘storiche’ e con una presenza sul territorio, che possono essere centri di aggregazione di quartiere e migliorare la qualità di vita della comunità – spiega Quintarelli – ma ho l’impressione che quello che non si vede e non si cita è il fatto che ci siano tante nuove librerie che nascono, aperte spesso da giovani librai, che rapidamente diventano punti di riferimento di quartiere”.
I dati, rilevati da La Stampa in un articolo del 16 gennaio, intitolato “Torino perde le sue librerie: “Il 40% si è arreso alla crisi” ” si nota che a Torino, se nel decennio un 40% ha chiuso, nell’ultimo anno le chiusure “sono all’ordine del giorno ma inferiori rispetto a quanto sta succedendo a Roma (-54% in dieci anni) e Milano. Dall’ultima fotografia della Camera di Commercio torinese emerge che nel 2019, tra i negozi al dettaglio, le librerie hanno fatto un passo indietro tra i più accentuati: -2 per cento. Peggio di loro, le edicole (-6,4%) e le rivendite di giocattoli (-12,8%)”.
L’andamento degli ultimi 10 anni (dati Unioncamere Piemonte)
Nel 2010 su La Stampa Giuseppe Culicchia scriveva “C’è un libraio in periferia“: l’articolo era su Italo Cossavella, libraio di Ivrea, che a suo tempo aveva aperto in Barriera di Milano; da allora le aperture in città sono state numerose, soprattutto di locali che offrono esperienze originali intorno ai libri, come il Luna’s torta, libreria con cucina in San Salvario.
Po, venerdì 17 gennaio, lo scrittore torinese offre una nuova chiave di lettura dell’argomento, Librerie in crisi: Amazon è un nemico ma non il colpevole, il declino è cominciato con l’omologazione. Sono cambiati i lettori, cambiano anche i modi, i tempi e gli spazi per leggere. Inevitabile che cambino anche le librerie.
Ci sono fenomeni in pieno sviluppo e che possono indicare quali strade percorrere. Monica Di Martino ed Enrico Nada hanno importato a Torino un’idea lanciata nel 2012 da due giovani americane: i “Silent Book Club”. Cioè leggere in compagnia, e in silenzio, in spazi aperti al pubblico o in case private aperte per l’occasione. Il risultato, a Torino, è stato quasi clamoroso: il 28 dicembre scorso (per interessante coincidenza, proprio l’ultimo giorno di apertura della libreria Paravia), grazie al tam tam su Facebook nella propria cerchia di amici, si sono ritrovati in 40 presso la galleria d’arte “Febo e Dafne”. E oggi nel gruppo Silent Book Club – Torino, che in pochi giorni ha raccolto 426 adesioni, oltre a programmare nuovi appuntamenti (il prossimo il 26 gennaio) si discute anche, comprensibilmente, del tema librerie a rischio tornato in auge dopo l’annuncio di Paravia. Ma senza stracciarsi le vesti.