Da Il gusto del mondo a Le ricette del dialogo: i nomi dei progetti di integrazione fanno venire in mente la cucina con i suoi profumi e colori e una tavola imbandita. «In tanti anni di lavoro nel settore, ho constatato come sul territorio gran parte delle opportunità di lavoro venga dalla ristorazione», afferma l’educatore socio-culturale Stefano Castello. L’iniziativa che ha lanciato, Il gusto del mondo, un gruppo di cucina interculturale, all’inizio dell’anno diventerà impresa sociale: «Finora le risorse sono state reperite grazie a donazioni e versamenti da parte dei membri della brigata, che hanno contribuito in modo spontaneo in base alle loro possibilità; adesso è il momento di dimostrare che il nostro può diventare lavoro». Tra gli obiettivi, spiega Castello, c’è quello di arrivare a cucinare mille pasti alla settimana per i dormitori che accolgono le persone bisognose della città. «Se andrà in porto l’allestimento di due roulotte, potremo garantire un lavoro part-time ad almeno tre dipendenti e sei collaboratori in cucina, e a un dipendente e a un collaboratore in sala. Avremo la possibilità di attivare tirocini di inclusione per richiedenti asilo, titolari di protezione internazionale o persone svantaggiate, ad esempio senza dimora o affette da disturbi della salute mentale». Fanno parte della rete, tra gli altri, anche Eufemia, Caffè Basaglia, Bagni Municipali di Via Aglié, Slow Food e Food Pride.
Alcuni dei cuochi sono stati accolti grazie all’associazione Refugees Welcome, presente a Torino dal 2016: l’obiettivo è trovare una sistemazione a chi esce dai centri di prima accoglienza ma non è ancora autonomo. Come spiega Silvia Salvagno, referente del gruppo, «delle 205 convivenze attivate, una trentina sono state a Torino. Il numero può sembrare esiguo ma il nostro obiettivo sono incontri che funzionino, per questo a monte della convivenza c’è una significativa attività di selezione».
L’ospitalità fa capo al Coordinamento famiglie accoglienti, che trova in Torino, insieme a Bologna, una delle città più aperte: «La rete è nata in concomitanza con il primo decreto sicurezza, a fine 2018, sulla spinta della preoccupazione per i limiti e le restrizioni per i migranti: le numerose persone, famiglie e associazioni hanno sentito la necessità di coordinarsi».
Anche i progetti che si concludono, lo fanno con una cena: è il caso de Le ricette del dialogo, organizzato da Slow Food e (Associazione Internazionale Volontari Laici (Lvia) con Regione Piemonte, Città di Torino, Renken, cooperativa sociale Colibrì, e con le associazioni della diaspora Associazione Senegalese Bra Alba Roero Langhe (Asbarl) e Panafricando. «Dal 2014 ci impegniamo in progetti internazionali di integrazione: l’incontro con l’altro passa anche attraverso la condivisione del cibo», afferma Valentina De Gregorio dell’ufficio rete migranti di Slow Food. Non è tutto: «Ogni due anni, per Terra Madre e Salone del Gusto, oltre 400 contadini, pescatori, cuochi e attivisti del cibo africani, su 500 delegati da tutto il mondo, vengono in città, ospitati gratuitamente. Un esempio che scalda il cuore in un momento buio e di divisioni come quello che stiamo vivendo», aggiunge Nazarena Lanza dell’ufficio Africa e Medio Oriente.
Un polo di integrazione a Porta Palazzo è il Servizio missionario giovani (Sermig). Oltre alle attività per gli adulti, a 12 anni dalla nascita, l’Arsenale della Piazza, coinvolge oggi 220 bambini e ragazzi di 25 nazionalità diverse: è chiamata città di «Felicizia» e ha conquistato anche il presidente Mattarella.
Giusta: “Tutti gli eventi saranno multiculturali”
La cultura come veicolo di integrazione: tra i progetti dell’Amministrazione c’è il potenziamento della presenza delle comunità presenti in città negli appuntamenti più importanti del calendario torinese. «Già la Delibera quadro del 2017 sottolineava la centralità del confronto con i gruppi impegnati sul fronte dell’integrazione e il supporto nella realizzazione dei loro eventi. Nei prossimi anni, per fare un ulteriore salto di qualità, questi incontri culturali e religiosi saranno messi in dialogo con i grandi eventi culturali della città, come il Salone del Libro, la Biennale Democrazia, Torino Spiritualità», commenta l’assessore Marco Giusta, che tra le proprie deleghe ha sia il coordinamento politiche per la multiculturalità e integrazione dei nuovi cittadini, sia la cooperazione internazionale.
Per Giusta, la multiculturalità va sostenuta puntando su alcuni progetti: «Ci concentreremo sul coinvolgimento della cittadinanza nella lotta al razzismo: nel prossimo anno e mezzo occorrerà approvare un Piano d’azione contro i crimini d’odio, raccogliendo stimoli da tutta la società civile». Numerose iniziative sono di cooperazione su scala internazionale, come l’adesione all’Assemblea generale della Coalizione delle Città Europee contro il Razzismo (Eccar). E, ancora, «Torino ha accolto la proposta di Amnesty International di diventare dal 2020 una Città Rifugio per attivisti e attiviste a rischio da tutte le parti del mondo. Sarà un’esperienza pilota, con l’obiettivo di diventare una misura strutturale per gli anni a venire».
Articolo tratto dal numero di Futura Magazine del 13 dicembre 2019. Leggi il Pdf cliccando qui
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