“Il problema dell’uso dei dati nel mondo digitale è molto delicato. Quando lo affronto, evito l’atteggiamento terroristico. Ma lascio sempre intravedere tutti i rischi che corriamo”. Con questo messaggio Barbara Carfagna ha inaugurato il secondo anno del master in giornalismo Giorgio Bocca di Torino, con la lectio “Datacrazia – Il potere dei dati”.
Giornalista, autrice e conduttrice Rai, è esperta di cultura digitale, ma non da sempre. “Nasco come giornalista di esteri e cronaca. Ho iniziato a dedicarmi al digitale perché sapevo che sarebbe stato il futuro. Ho voluto diventarne consapevole. Il mondo digitale oggi implica rischi culturali importanti, soprattutto per noi europei. Anche per la democrazia”. L’ha fatto rivolgendo l’attenzione verso il modello asiatico, verso le rivoluzioni digitali in atto in paesi come Cina, Corea del Sud, Singapore e Taiwan.
Soprattutto negli ultimi anni, Barbara Carfagna si è impegnata a far luce su questo mondo, affrontando il problema, geopolitico ed economico, della gestione dei dati. Ma anche di come questi stanno rivoluzionando la realtà dell’informazione e non solo. Lei da diversi anni dedica al tema speciali per il Tg1 e pure il programma televisivo “Codice – La vita è digitale”, giunto alla terza edizione.
Imprigionati in un eterno presente
“Oggi per plasmare le menti e condizionare il comportamento dei cittadini non serve la violenza – ha spiegato Carfagna – Il dittatore cambogiano Pol Pot si servirebbe delle strutture digitali attuali, senza ricorrere allo spargimento di sangue. Questa è l’idea che mi sono fatta”.
L’era digitale sta minando le convinzioni su cui poggia la nostra cultura. La storia ha assunto un significato inedito. “Oggi disponiamo di una mole di dati che ha allargato il presente. Viviamo nell’iperstoria”, ha continuato la giornalista. Il rischio è che una intera generazione, quella dei millennials, viva imprigionata in un eterno presente, perdendo l’interesse per il passato. Senza possibilità di costruirsi un futuro.
Anche la geografia ha cambiato volto. “Oggi i domini fisici delle nazioni richiedono rafforzamento di identità e radici”, ha affermato Carfagna. La continua produzione di dati sta cambiando i confini delle città. “Con il 5G le aree urbane saranno sempre più autonome dal controllo statale”. Un’operazione, già in atto in molte realtà asiatiche grazie a WeGo, che vuole creare un’alleanza basata sulla condivisione dei dati e della visione tra le smart cities di tutto il mondo”. Nata nove anni fa a Seul, WeGo è una organizzazione internazionale di città e aziende che intende far crescere le smart cities del mondo e creare un’alleanza basata sulla condivisione dei dati.
Paesi ipertecnologici come la Corea del Sud e le altre potenze asiatiche sembrano schiacciati in un eterno presente iperproduttivo. “Pensiamo ai fatti di Hong Kong. Se li avessimo raccontati alla luce di un quadro del genere, di dominio del digitale, il lancio dei sassi contro le webcam avrebbe assunto un altro significato. Noi non ne siamo consapevoli ma società come Google o Amazon si comportano allo stesso modo di come fa la Cina, condizionando comportamento e scelte dei cittadini”, ha puntualizzato Carfagna.
Quale futuro
“Come giornalisti, stiamo divulgando in massa il mondo digitale – ha rivelato – Quando abbiamo iniziato, dieci anni fa, non avevamo ancora capito nulla di ciò che sarebbe accaduto. Direttori di quotidiani definivano internet una moda passeggera, come il borsello da uomo”. Oggi i domini digitali si espandono a velocità prima impensabili. Entro qualche anno raggiungeranno ogni angolo del pianeta. “L’IoT, l’internet delle cose, è la fine dell’Umanesimo, anche se non lo dice nessuno e se non piace a nessuno”, pensa la giornalista. Nonostante questo, i giovani hanno la possibilità di cambiare le cose. “Giocheranno un ruolo centrale. Solo loro possono costruire “bene” il ‘sistema’. A loro dobbiamo dare fiducia”.