“L’importante è essere liberi con se stessi. Amare se stessi. La forma di discriminazione peggiore è quella verso se stessi”.
Chanel, un uomo di mezza età en travesti, con un filo di trucco e un filo di tacco, è arrivato al gay pride di Torino, sabato 15 giugno 2019, per manifestare la sua libertà. L’accettazione del prossimo e la questione dei diritti non lo riguardano più di tanto. Di quello è certo, per fortuna se ne occupano i giudici, che spesso sono avanti alla politica. Tribunali e Corte Costituzionali si occupano ormai dei problemi sociali e civili del nostro tempo, mentre la politica si lega le mani. È uno dei limiti di questa democrazia, direbbe il giurista Sabino Cassese.
“Io mi trovo bene in questa Italia – confida Chanel – non vedo problemi. Bisogna sapersi porre verso il prossimo, soprattutto verso chi non la pensa come noi. Certo, potrebbero darti del ‘ricchione’ in qualunque posto del mondo, ma io guardo avanti e sono felice di esprimere la mia sessualità in libertà”.
Il nostro viaggio al Pride parte alle ore 16.30 da piazza Statuto dove un esercito di giornalisti e fans in visibilio assedia la madrina dell’evento, Vladimir Luxuria. Non la pensa proprio come Chanel.
“È un paese in cui bisogna ancora lottare tanto – osserva – lottare per avere la piena uguaglianza, che significa non escludere nessun aspetto della propria vita economica, sociale e politica legato all’orientamento sessuale o all’identità di genere. È un problema politico e culturale”.
Luxuria abbraccia la sindaca Chiara Appendino alla quale rivolgiamo la stessa domanda, ossia se in questo paese esista realmente un problema di diritti civili e di riconoscimento delle diversità. “Beh direi che si lotta da anni perché vengano riconosciuti, e c’è ancora tanta strada da fare. È un problema politico e culturale. La politica deve fare un passo avanti e la società civile deve essere pronta ad accettare”.
Torino ha il pride (orgoglio) nel sangue politico e culturale delle istituzioni, tanto che nella primavera 2018 è stata la prima città italiana con un’anagrafe a registrare il figlio di due mamme. Nel 2016 fu istituito il registro Comunale delle Unioni Civili. E “Chiara”, come la chiamano in modo confidenziale tanti manifestanti arrivati qui, ne va orgogliosa.
Ma cosa si aspetta da questa politica nazionale? Da questa maggioranza al governo, con la Lega alleata del suo Movimento 5 Stelle? “Io posso parlare di quello che faccio – risponde la Appendino – le trascrizioni le ho fatte per dare un segnale e spero si vada in questa strada. E quello che posso fare lo farò ancora”.
La prima cittadina si guadagna l’appellativo di sindaca gay friendly e sfila a capo del corteo, al fianco di tanti sindaci arrivati da lontano, dove ci sono varie associazioni lgbtq, genitori di figli gay e lesbiche, tantissimi eterosessuali e famiglie che il signor Pino definisce “normali”. Per lui tutto questo, malgrado la pluralità e la sobrietà del Pride torinese, è un “carnevale”.
Proseguiamo a Porta Susa e poi via Cernaia, sulle note di Mahmood, “Una Vita In Vacanza” de Lo Stato Sociale e il classico ritornello “Gloria, manchi tu nell’aria”. È una festa sotto il sole che brucia. Luxuria redarguisce il neo assessore regionale alle Pari Opportunità: “Eviterei, al posto suo, di offendere tutte queste persone che sono presenti qui e presenti in tante città italiane, perché bollare come ‘carnevalata’ una manifestazione che si tiene da cinquant’anni nelle principali città italiane e straniere, significa offendere tantissimi cittadini oggi venuti qui da tutto il Piemonte per partecipare”.
E poi una frecciata agli avversari politici: “Non voglio criticare il modo in cui altri hanno fatto manifestazioni, quindi con le corna e vestiti da vichinghi, voglio dire che ognuno deve scegliere il modo in cui partecipare a manifestazioni. Non è una carnevalata, altra cosa invece sono le maschere dell’ipocrisia che spesso indossano gli uomini in giacca e cravatta”.
Vladi sarà la nuova direttrice del Lovers Film Festival di Torino, primo festival cinematografico dedicato al tema. Teme il confronto con la nuova giunta regionale di centrodestra? “L’unica mia preoccupazione – dichiara – è fare un festival meraviglioso, con film che faranno emozionare, commuovere, pensare. Le polemiche le lascio agli altri, ovviamente difenderò questo festival se sarà attaccato, ma non voglio partire con un pregiudizio. La cultura non deve mai fare paura a nessuno, la cultura è il miglior antidoto contro i pregiudizi”.
Il fiume di gente avanza verso piazza Castello. Il bus turistico City sightseeing offre uno sguardo colorato sulla città, con tante famiglie a bordo, palloncini rosa e il posto d’onore a metà sfilata. Una turista è seduta avanti al pullman e agita il cartello con su scritto un messaggio ironico e pacifista: “Se ti tirano una pietra, tu rispondi tirando un fiore. Ma non dimenticare il vaso!”.
La comunità lgbtq ha preso in adozione l’arcobaleno della pace perché la battaglia sui diritti civili a un certo punto deve aver avuto una carenza di simboli, di etichette, come ci insegna il sociologo Simmel. E “nessuna cosa esiste dove la parola manca”, diceva il filosofo tedesco Heidegger. Così la comunità ha dovuto adottare un linguaggio nuovo di rivolta pacifica. “Noi ci siamo. Ora non siamo più invisibili”, è il grido di battaglia di Angela. L’arcobaleno sventola anche dalle finestre di un palazzo all’ingresso di Via Po, arrivando da piazza Castello. Le bande multicolore accolgono i clienti del caffè Antonelli, e non solo, con camerieri che oggi per l’occasione indossano le collane hawaiane. E tra la folla si riconosce pure il famoso ambulante di Marrakech. Come al suo solito ci saluta così: “Un po’ di cash per l’amico di Marrakech!”. La mercanzia è come sempre assortita e questa volta adatta all’occasione: bandierine, catenelle, fasce, foulard.
Natascia è un uomo che volteggia con la sua grande gonna e tiene in pugno una bandiera: “No Tav, Sì Trav”. Tutta via Po piena è la misura della quantità di gente arrivata sin qui. Piazza Vittorio esplode alle ore 19.30. Il palco vibra a ritmo di musica house e dance. Orgoglio e pregiudizio sono due blocchi contrapposti in questa Italia meravigliosamente contemporanea. Ma Sara non ha dubbi: “Forse è arrivato il momento di mettere da parte l’orgoglio, usciamo da questo pride, per rivendicare concretamente i nuovi diritti, come quelli di avere figli in adozione”.