Sono nati o cresciuti in Italia, entrano in classe, frequentano i campetti di calcio, i cinema e i bar. Ma non hanno la cittadinanza italiana. Nello scorso anno scolastico sono stati 31.152 gli studenti stranieri che hanno frequentato le scuole torinesi. Molti arrivati dalla Romania, altri da Marocco, Albania, Egitto o Cina. Eppure il Paese di nascita più frequente tra gli studenti che vivono qui è proprio l’Italia: un ragazzo straniero su due è nato da genitori non italiani. Sono loro i nuovi italiani.
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Tra i nuovi italiani ci sono anche loro: c’è Denisa nata in Albania. Ha 25 anni e da venti vive a Fossano, in provincia di Cuneo. “Ciò che mi rende albanese è il mio cognome, per tutto il resto sono italiana”. Circa quattro anni fa ha richiesto la cittadinanza e oggi sta ancora aspettando, intanto si è laureata.
C’è Luisa, 24 anni, nata in Italia da genitori cinesi. Quando pensa a casa sua pensa a Torino e non potrebbe fare altro, ha sempre vissuto in questa città. Eppure ammette di avere difficoltà a conciliare le sue origini e la sua identità: “A casa i miei genitori non mi considerano abbastanza cinese, fuori casa non invece mi sento abbastanza italiana”.
C’è Hind, la stilista per donne musulmane italiane. A soli 25 anni combatte l’indifferenza con la bellezza dei suoi abiti.
C’è Chadir, in arte Cha Cha, il rapper con la mamma siciliana e il papà senegalese. Nelle sue canzoni porta la periferia torinese in cui è cresciuto. Il suo singolo d’esordio, che ha superato i due milioni di visualizzazioni è dedicato proprio alla sua città, Torino.
Sono i nostri compagni di banco, cresciuti studiando Dante, guardando le Winx e ascoltando J-ax, sognano Totti, anziché Beckham.
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Il mondo il classe: quanti sono gli studenti stranieri a Torino
La presenza di studenti provenienti da diversi Paesi del mondo, o nati in Italia da genitori di origine
straniera, dimostra che c’è il mondo in classe, seduto sui banchi di scuola.
L’interculturalità può essere allora un’opportunità e un’occasione di cambiamento per tutta la scuola. Come suggerisce “La via italiana alla scuola interculturale”, documento redatto dall’Osservatorio nazionale per l’intercultura nell’ottobre del 2007, adottare la promozione del dialogo e del confronto significa non limitarsi solamente ad organizzare strategie di integrazione degli alunni immigrati o misure compensatorie di carattere speciale, bensì assumere l’intercultura come paradigma dell’identità stessa della scuola, come occasione di apertura a tutte le differenze sociali, economiche e culturali.
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Quando lo sport migliora la legge: lo Ius soli sportivo
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<p>”]Esiste una legge che permette il tesseramento alle società sportive di minori stranieri anche senza il possesso della cittadinanza italiana. Il principio dello Ius soli sportivo è infatti riconosciuto dalla legge del 20 gennaio 2016 ed è rivolto ai ragazzi che risiedono sul territorio italiano almeno dal compimento del decimo anno di età. Nonostante la norma apporti decisivi miglioramenti ad un regolamento carente in materia (i figli di stranieri nati sul territorio italiano possono richiedere la cittadinanza solo al raggiungimento del diciottesimo anno di età), rimane ancora molta strada da fare. Questi ragazzi non possono, ad esempio, essere convocati nelle selezioni sportive della Nazionale e del Coni. La ragione di questa limitazione sta nella lotta al traffico illecito di baby calciatori, un fenomeno dilagante nell’ultimo decennio (l’ultimo caso a Parma ha portato all’arresto di tre persone a fine 2018): abbassando l’età dei ragazzi si riduce il rischio che il loro trasferimento da una nazione ad un’altra sia dovuto a ragioni di questo tipo. In questo modo però si escludono tutti i giovani dai dieci ai diciotto anni, creando un limbo da cui è necessario uscire quanto prima.
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