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Elezioni europee e gender gap. A che punto siamo col divario di genere nel nuovo Parlamento.

Crescono le donne nelle istituzioni in Europa. Per quanto riguarda le elezioni del Parlamento europeo dello scorso 26 maggio, è ancora presto per stabilire con certezza la percentuale di eurodeputate elette. Ma il dato evidenziato da uno studio condotto da Bruxelles mostra come il numero delle donne nel corso degli anni sia gradualmente aumentato. Nel 1979, con le prime elezioni dirette, nel Parlamento europeo solo il 15,2% dei posti era occupato da donne. Dopo 35 anni, nelle elezioni del 2014, le donne hanno raggiunto il 36,4% dei seggi.  Alla base di questa crescita uno degli strumenti più significativi è stato l’introduzione delle quote di genere in alcuni paesi. Alle elezioni di maggio 11 Stati europei hanno imposto liste elettorali bilanciate tra rappresentanza maschile e femminile: Belgio, Francia, Slovenia, Spagna, Portogallo, Polonia, Romania, Croazia, Grecia e Lussemburgo.

La percentuale di rappresentanza femminile è però ancora lontana dalle proporzioni reali della popolazione europea.

C’è ancora molto da fare

I recenti risultati elettorali, con una crescente rappresentanza femminile in Parlamento europeo e una più scarsa presenza di donne in Consiglio regionale, vanno letti alla luce di un contesto in cui la parità è ancora lontana. Come spiega la sociologa dell’Università degli Studi di Torino Marinella Belluati, “studi come Trova l’intrusa di Open Polis, hanno dimostrato sia la scarsa rappresentazione delle donne negli organi politici, che il fatto che le donne vanno in genere meno a votare degli uomini. Vari studi hanno anche dimostrato che si è perso uno spirito solidaristico: le donne non votano le donne, e lo dimostrano casi di persone che si sono molto prodigate su questioni di genere che non sono state ricompensate dall’elettorato femminile. Penso al caso di Hilary Clinton, ma anche a quello di Ségolène Royal in Francia, o di Francesca Puglisi, già presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio; a livello piemontese, Laura Onofri era candidata in Comune e ha preso molti meno voti rispetto alle attese, e alle recentissime elezioni regionali l’ormai ex assessore alle Pari opportunità, Diritti civili e Immigrazione Monica Cerutti non è stata riconfermata in Consiglio regionale”, commenta. Proprio Onofri, presidente del comitato Se non ora quando – Torino, e Cerutti, hanno affidato nei giorni scorsi a La Stampa le loro considerazioni sul fatto che nel Consiglio regionale subalpino la rappresentanza femminile sia così scarsa

Belluati ha partecipato, a marzo di quest’anno, alla conferenza organizzata dal Parlamento europeo a Bruxelles in occasione della Festa della donna: “Nonostante i solleciti a mettere al centro le tematiche di genere, questi non sono entrati in modo significativo in questa campagna elettorale”, commenta. Anche i trend di ricerche su Google dimostrano che le parole chiave come “elezioni europee donne”, hanno subito un’impennata di attenzione solo a ridosso dell’appuntamento con le urne.

Interpellata sull’efficacia di “quote rosa” e altri correttivi ai meccanismi di voto per favorire la presenza femminile, Belluati dice: “In termini numerici i risultati ci sono, perché aumentano meccanicamente la probabilità di essere elette. Va però sottolineato che non ci sono quasi più “scuole di partito”, e che in generale la carriera politica della donna è scoraggiata dalla scarsità delle politiche di conciliazione fra vita pubblica e vita familiare.”

Ecco le donne che rappresenteranno l’Italia

Sono circa 30 (in attesa delle conferme ufficiali) le donne italiane elette al Parlamento Europeo. Ecco le più votate nella Penisola.

 

 

Le grandi escluse

Accanto alle grandi elette ci sono anche molte escluse eccellenti. Se nelle file della Lega sono poche le candidate rimaste deluse, nelle altre liste molti nomi di spicco non sono riusciti a guadagnare un seggio al Parlamento europeo. Caso principe quello di Emma Bonino, inserita dai liberali di Alde nella rosa dei possibili candidati alla guida della Commissione europea, che non è riuscita a portare +Europa oltre la soglia del 4%.

Nel Partito Democratico manca la rielezione Elena Gentile, eurodeputata uscente candidata al sud, che dimezza i voti rispetto a cinque anni fa (da quasi 150mila a “solo” 77mila) e chiude al quinto posto nella sua circoscrizione. Anche due volti noti come l’ex ministro per l’integrazione Cecile Kyenge e Laura Puppato – candidata alle primarie del centrosinistra nel 2012 – non sono riuscite a sfondare nella circoscrizione nord-est. Con loro fuori anche Maria Cecilia Guerra, già viceministro al Lavoro con Enrico Letta. Nel nord-ovest fa scalpore l’esclusione di Mercedes Bresso, eurodeputata uscente ed ex presidente della regione Piemonte, le cui speranze sono risicatissime nonostante 44mila preferenze

Nel tracollo generale del Movimento 5 Stelle – che si era distinto per la scelta di cinque capolista donna – restano fuori Maria Angela Danzì, primo nome nel nord ovest, e Alessandra Todde, capolista nelle isole. Situazione caotica in Forza Italia: Lara Comi (eurodeputata uscente e vicepresidente del gruppo Ppe a Bruxelles) e Irene Pivetti (ex Presidente della Camera) sperano ancora per l’incertezza sul seggio in cui sceglierà di essere eletto Silvio Berlusconi; fine della corsa invece per Alessandra Mussolini, candidata al centro, e Barbara Matera, nome storico di Forza Italia che nel 2009, con oltre 130mila preferenze, arrivò seconda solo all’ex Cavaliere. Mancano l’elezione anche due ex forziste oggi candidate con Fratelli d’Italia: Elisabetta Gardini, che cinque anni fa raccolse quasi 70mila preferenze, non è stata eletta nel nord-est così come Daniela Santanchè (già deputata, senatrice e Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel 2010), nel nord-ovest.

 

Le donne dell’Unione Europea

È ancora presto per definire quante saranno le donne elette all’Europarlamento alle elezioni europee di maggio. Queste sono le percentuali risalenti al 2014: la delegazione più ricca di donne era Sinistra unitaria europea (Gue/Ngl) con il 51,9%; tra i Liberali e democratici per l’Europa (Alde) le donne erano il 45,6%, i Socialdemocratici avevano il 44,0% di deputate, i Verdi 40,4%, il Gruppo Europa della libertà e democrazia diretta (Efdd) 39,0%, Europa delle nazioni e delle libertà (Enf) 29,7%; toccavano il 28,6% nel Partito popolare e il 22,7% dei Conservatori e riformisti europei (Ecr). Tra i Non iscritti, il 18,2% erano donne.

Ecco una mappa dei profili di alcune donne emergenti in Europa.

 

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Rimane da sciogliere adesso il nodo delle cariche istituzionali, a partire dalla presidenza della Commissione Europea. Socialdemocratici (S&D) e Popolari (PPE) non hanno la maggioranza nel parlamento di Strasburgo: dovranno trovarsi degli alleati; lo sguardo è rivolto verso i Verdi e i liberali di ALDE. Da qui la necessità di trovare una figura di garanzia, che potrebbe essere incarnata da una donna: la liberale Margrethe Vestager. Lunedì 28 maggio nel corso di un summit tra i 28 capi di Stato dell’UE sono emerse molte divisioni che potrebbero favorire le chance della commissaria uscente alla Concorrenza. Vestager – soprannominata da Donald Trump “Tax Lady” per le sue battaglie sulla tassazione dei giganti del web – spera di ricevere il sostegno dei Socialdemocratici e dei Verdi. Anche la successione di Pierre Moscovici – commissario per gli Affari Economici noto in Italia per le polemiche con Matteo Salvini – potrebbe tingersi di rosa. Secondo alcuni rumors sarebbe in lizza l’attuale ministro dell’Economia spagnolo Nadia Calviño, ex direttrice del bilancio della Commissione Europea, favorita dal buon risultato elettorale del PSOE di Pedro Sanchez. Una donna potrebbe essere poi la prossima direttrice della Banca centrale europea. Ad ottobre scadrà il mandato di Mario Draghi. Nei mesi scorsi si è parlato di Christine Lagarde – direttrice del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e tra delle donne più potenti al mondo – come possibile candidata al vertice della banca più importante d’Europa.

 

 

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