La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

Il bullo che mi porto dentro. A teatro confini e fragilità di una generazione

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Pensiamo a quando andavamo a scuola. A quando tornavamo a casa, la musica nelle orecchie, lo zaino pesante, la verifica andata male, l’interrogazione del giorno dopo e il mondo che, poco a poco, si faceva sempre più piccolo e distante. Entravamo in bagno, e ci guardavamo allo specchio. E vedevamo i brufoli, il naso grosso, i capelli secchi, i denti storti, il seno che non cresceva, quella sottile peluria sopra il labbro, le sopracciglia troppo folte, gli occhi troppo distanti dal naso.
E pensiamo alle volte in cui non ci sentivamo perfetti, o più semplicemente adatti, quando la vita sembrava possibile solo a compagne (o compagni) di scuola alte, belle, magre e intelligenti. E noi, invece, avremmo dovuto accontentarci degli avanzi.
Forse è anche la nostra, ma è sicuramente la storia di Sara. La abbiamo ascoltata, attraversata,  ieri 29 maggio, non dall’altra parte di uno specchio, ma attraverso una superficie ugualmente riflettente: il teatro.

L’associazione Incanto arte creativa ha ideato e diretto lo spettacolo Fragilità a favore di Esseri Umani Onlus per il progetto Mediamente Bullo. “Il conflitto fa parte della vita, lo dobbiamo accettare – ammette sul palco del teatro Alfieri di Torino Marilena Mazzone di Esseri Umani pochi minuti prima dello spettacolo – . È però fondamentale la prevenzione e la consapevolezza. Anche noi, a nostra insaputa, possiamo essere i bulli di qualcuno”.

Quando si apre il sipario conosciamo Sara, una ragazza delle medie presa in giro dalle amiche. Un ragazzo canta Mad world di Gary Jules, alcune ballerine compongono una coreografia. Gli artisti sono bambini e ragazzi dai sei ai vent’anni. Sono emozionati. È il loro spettacolo, la loro storia.

Sara va dal parrucchiere con la madre, che le consiglia di truccarsi. Così è carina e attira le attenzioni dei ragazzi, e le antipatie delle amiche. Sara si sente sempre un mostro. Anche se, come canta Cristina Aguilera, You are beautiful, no matter what they say. 

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“Dobbiamo trovare il confine della nostra libertà” recita una donna. È la madre di un ragazzo che ha postato un video intimo della fidanzata. Ma quale è il rapporto tra libertà e confine e, soprattutto, che ruolo hanno gli adulti?
Entra in scena un ragazzo con la scritta I like boys sulla maglietta. Poi una bambina con timida, poi una con testarda e un’altra con insicura e un’altra con I’m black.

 

Forse la libertà si trova quando sappiamo chi siamo, quando conosciamo il nostro confine. Forse le regole, le leggi, non limitano l’espressione individuale, ma la permettono. Perché, come cantano delle bambine su Lady Gaga, Baby, I was born this way. Perché se dobbiamo essere tutti uguali, sicuramente da qualche parte saremo sbagliati e, a furia di guardarci allo specchio, conosceremo l’unico bullo che non ci abbandonerà dopo il liceo: noi stessi.

 

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MARCO ZAVANESE

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