Raccontare la città visibile, dall’alto. Raccontare ciò che è invisibile a molti, e raccontarlo con la fotografia. La Biennale Democrazia, che si è tenuta a Torino dal 27 al 31 marzo, ha avuto come tema principale proprio il rapporto tra visibile e invisibile. E Urban Lab, agenzia urbana di Piazza Municipio, ha organizzato la mostra fotografica “Vista dall’alto” aperta fino al 15 settembre. Le opere tentano di raccontare Torino in modo “completamente opposto alle piattaforme quali Instagram” come ha dichiarato il fotografo Michele D’Ottavio. La scelta dei luoghi che rappresentano la città, le angolature meno scontate, gli scatti dall’alto, per l’appunto aiutato a incontrare una città diversa, nuova. La mostra ha visto la collaborazione di più soggetti: si parte dalla fotografia di D’Ottavio, i racconti della curatrice Giulietta Fassino, per poi terminare con la presentazione di Scribit da parte della Carlo Ratti Associati.
Michele D’Ottavio ha volato su Torino per 8 mesi. “Ci siamo accorti per la prima volta di vivere in una città che non conosciamo” -ha detto- una città costruita intorno a fiumi, in grado di riproporre paesaggi che sembrano arrivare d’oltreoceano”. L’aereo biposto ha permesso al fotografo non solo di riprendere vedute aeree, ma di dare luce a scorci e prospettive originali della città. “Una delle sfide più importanti ed emozionanti è stata trovare valori che inediti da approfondire per i racconti della città”. Il direttore dell’Urban Lab Valentina Campana ha sottolineato come la mostra serva ad osservare i cambiamenti della città, sottolineando come la trasformazione fisica ne racconti il tessuto sociale. Per comprendere meglio l’evoluzione, sono state confrontate per ogni foto, altre 4 riprese dall’alto degli anni passati. “Le prime riprese dall’alto della città di Torino sono state realizzate nel 1936, e da allora industrializzazione e urbanizzazione hanno cambiato radicalmente il territorio – ha dichiarato Campana- questo è il punto di vista che lo dimostra appieno”.
Le immagini contemporanee sono state tradotte nella mostra in cinque sezioni: bordi, trame, pieni/vuoti, natura ed industria. “Avere a disposizioni queste immagini, ci ha permesso di rendere visibile ciò che le piattaforme social tendono a rendere piatto, canonico” – ha affermato Fassino, relatrice principale delle attività culturali dell’Urban Lab e curatrice della mostra- avevamo bisogno di categorie che ci permettessero di raccontare una storia diversa, e abbiamo pensato al rapporto di queste categorie con la città”. Sotto i portici della piazza del Municipio si può inoltre compiere un breve viaggio fotografico: secondo Campana, “è opportuno che le fotografie di D’Ottavio devono essere osservate anche da chi passeggia accidentalmente per Piazza Municipio, è bello per i cittadini”.
La rassegna è stata l’occasione per presentare la nuova collana “Quaderni della città”. “Questi piccoli cataloghi sono il modo per arricchire l’archivio dell’Urban Lab, attraverso il lavoro di ricerca e mappatura che abbiamo svolto- ha aggiunto Campana- “ogni volta ospiteremo il contributo di occhi e voci esterne per avere visione molteplici della città che cambia”. Il catalogo è figlio della collaborazione tra D’Ottavio e Raffaele Riba, scrittore e docente della Scuola Holden. ” Il rapporto con la fotografia è nato alla fine degli anni 80’, quando mia madre comprò una fotografia che riprendeva dall’alto del nostro quartiere” – ha raccontato Riba- “avere tra le mani la mia quotidianità e il mio territorio impresso per sempre, fu un’emozione fortissima che questa collana permette di rivivere”.
Articolo tratto dal quarto numero del nostro magazine. Per leggerlo tutto, qui.