Un vero e proprio boom. Il gioco d’azzardo ha un impatto sempre più pesante sulla società italiana e colpisce soprattutto le fasce di reddito più basse: secondo i dati Istat, in venticinque anni, dal 1993 al 2017 il giro d’affari del gioco d’azzardo è passato da 8,79 miliardi di euro a ben 101,8 miliardi. E nel 2018 c’è stata una vera e propria esplosione del fenomeno: secondo le proiezioni si sono toccati i 197 miliardi e 300 milioni.
Di queste tematiche si è discusso durante il convegno che si è tenuto oggi 9 aprile presso il Sermig Arsenale della Pace alle ore 9,00 dal titolo “Azzardo – Fra legislazione nazionale, regionale e regolamentazione degli Enti locali”, organizzato dalla Consulta nazionale antiusura Giovanni Paolo II, con la partecipazione dell’arcivescovo di Vercelli Marco Arnolfo, del commissario straordinario antiracket e antiusura Annapaola Porzio, del sottosegretario Luigi Gaetti e della sindaca di Torino Chiara Appendino.
Le parole del sottosegretario di Stato Luigi Gaetti
Secondo i dati riportati dal prefetto di Torino in Piemonte si registra una crescita soprattutto per i giovani e per il gioco online. Tra gli adulti le fasce della società più colpite sono quelle operaie, chi ha perso lavoro, o vive in gravi condizioni economiche ed abitative. In aumento anche le strutture adibite al gioco d’azzardo: in pochi anni sono 1350 i soggetti che vi lavorano solo nel comune di Torino.
“Vogliamo trasformare la piaga dell’usura, strettamente correlata al gioco d’azzardo, in una sfida che possiamo vincere” ha riferito il vicepresidente della Consulta nazionale antiusura Luciano Gualzetti che ha organizzato il dibattito. Obiettivo principale era fare un punto sui provvedimenti già messi in atto, e cercare di coinvolgere, oltre a tutte le fondazioni e alle Caritas diocesane che già se ne occupano, anche le istituzioni. Ma anche mettere a nudo le responsabilità dello Stato:
Il consigliere regionale Domenico Rossi ha ricordato che il Piemonte ha adottato una legge regionale per contrastare il fenomeno, ma da lui, come da altri partecipanti al convegno, è arrivato il richiamo a una modifica delle norme nazionali in materia verso una penalizzazione delle strutture che favoriscono la diffusione del gioco. “La pervasività dell’offerta genera domanda – ha detto Rossi – . Bisogna, quindi cercare di eliminare l’offerta per allontanare la fascia più debole della popolazione”. Offrendo altre dimensioni di emancipazione collettiva.
A livello regionale è in vigore la legge del 2016 che “dispone il divieto di collocazione dei predetti apparecchi ad una distanza, misurata in base al percorso pedonale più breve, inferiore a cinquecento metri per i comuni con popolazione superiore a cinquemila abitanti, rispetto a: istituti scolastici di ogni ordine e grado, centri di formazione per giovani e adulti, luoghi di culto, impianti sportivi, ospedali, strutture residenziali o semi-residenziali operanti in ambito sanitario o sociosanitario, luoghi di aggregazione giovanile ed oratori […]” ma forse questo non basta. E per l’arcivescovo di Vercelli Marco Arnolfo, intervenuto in rappresentanza dei vescovi della Regione, “è necessaria una stretta cooperazione con le scuole e le famiglie, in modo da allontanare i luoghi ‘tentatori’ dalle scuole”.
Chiara Appendino ha ricordato che a Torino, “a ottobre 2018, grazie all’ordinanza che limita gli orari di gioco nei locali adibiti, si è registrata una diminuzione delle cifre giocate, da 98 a 63 milioni di euro”. Ma ha aggiunto, troppo spesso, il tema viene banalizzato, parlando di proibizionismo o, all’opposto, dicendo che l’ordinanza non è sufficiente: “Questa è una piaga sociale, perché il gioco d’azzardo è come la droga. Quindi è tempo di agire, perché non c’è più tempo per lamentarsi”.