Ieri è stata finalmente pubblicata l’analisi costi-benefici sulla Tav Torino-Lione. E, come prevedibile, si è accesa la polemica, che ha toccato alcuni punti nodali della relazione.
La prima ha riguardato un nome, o meglio la sua assenza: quello di Pierluigi Coppola. Il tecnico è l’unico tra quelli voluti dal ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, che non ha voluto firmare la relazione. Il sesto membro, come è già stato soprannominato, è anche l’unico che faceva parte della struttura tecnica del ministero fin dai tempi di Graziano Delrio ed è l’unico all’interno della commissione che fosse favorevole alla Tav. Coppola ha anche presentato ieri una controanalisi al ministro Toninelli, che però non l’ha ancora resa nota.
Subito si è detto che l’analisi non è valida, proprio perché manca l’assenso di uno dei componenti. È allora intervenuto il ministero dei Trasporti che, per salvare l’autorevolezza del lavoro, ha chiarito che Coppola non era organico allo studio e dunque non vi ha partecipato.
Questa prima polemica, combattuta anche a colpi di analisi contrapposte, mostra come la decisione di fare o non fare la Tav, prima che tecnica, sia politica, dato che Marco Ponti, presidente della commissione della nuova analisi costi benefici, e Coppola avevano posizioni opposte sulla Tav già prima dell’inizio dei lavori. Lo stesso Ponti è intervenuto oggi in commissione Trasporti alla Camera per relazionare sull’analisi.
Ma quali sono i nodi tecnici su cui si sta discutendo sulla Tav?
Coppola, in un’intervista al Corriere ha manifestato “perplessità sul metodo usato per l’analisi costi-benefici, e quindi anche sui risultati che ha prodotto”. I metodi, dice, sono il frutto di un assemblaggio di approcci diversi. In alcuni punti si seguono le linee guida della Commissione europea. Poi si passa a un altro metodo, molto più inusuale. Il metodo Ponti”.
Nodo cruciale, anche secondo Coppola, è l’inserimento nei costi del mancato incasso delle accise sui carburanti. Il trasferimento del traffico di merci da gomma a rotaia ridurrebbe le entrate per lo Stato delle accise sul carburante circa 1,6 miliardi di euro. Secondo il ministro Toninelli, il minor gettito da accise è considerato un costo anche nelle linee guida francesi e comunque c’è un ampio consenso internazionale attorno a questa scelta metodologica,
Per Paolo Foietta, commissario fino al 15 febbraio, invece questa voce non sarebbe necessaria “va contro qualunque linea guida sulle analisi costi-benefici” e quando il calcolo delle accise era stato inserito nell’analisi del 2011, era esclusivamente un elemento di scenario che non concorreva alla determinazione dei costi e dei benefici. Coppola aggiunge invece, in opposizione con Toninelli: “Non è ormai un mistero il fatto che l’inserimento nei costi del mancato incasso delle accise sui carburanti sia una procedura inedita, non prevista da alcuna linea guida, europea o italiana”
Sulle penali da pagare in caso di rescissione, altro punto fondamentale, per un attimo c’è stato il caos. Per l’analisi giuridica, che si occupa proprio di quest’aspetto, condotta dall’Avvocato Pasquale Pucciarello per l’Avvocatura dello Stato, le penali ammontano a 4,2 miliardi, cifra che in ogni caso non è certa, perché “i molteplici profili evidenziati [nell’analisi] non consentono di determinare in maniera netta i costi in caso di scioglimento”.
Ma in breve tempo queste stime sono state contestate dal ministero dei Trasporti, questo è stato, secondo quello che ha detto il ministero “un errore materiale macroscopico” che dipende dal fatto che la percentuale di 10-30 % prevista per il risarcimento per lo scioglimento dei contratti non va calcolata in relazione al costo totale dell’opera, di 9,9 miliardi, ma solo in base ai contratti in essere al momento. Sulla base dei nuovi conti rinunciare alla Tav costerebbe al massimo 1.7 miliardi, con la voce per lo stop ai contratti che scende a 400 milioni.
Infine c’è il nodo del traffico e dell’ambiente. I benefici attesi sono quasi trascurabili per l’analisi. Le emissioni si ridurrebbero, ma in modo netto solo grazie all’innovazione tecnologica. La durata dei viaggi si abbrevierebbe di circa un minuto e venti, tra Milano e Lione, mentre il tempo di attraversamento della tangenziale di Torino diminuirebbe, per la diminuzione dei tir su strada, di circa 5 secondi.
Foietta però sottolinea che in questo caso “l’analisi non considera nel suo conteggio” tra le merci in transito sulle Alpi quelle che passano da Ventimiglia, che invece hanno un peso importante per l’economicità della tratta e che “c’è una enorme sottovalutazione dei benefici ambientali e sociali”.