Martedì 17 aprile l’anagrafe di Torino ha rifiutato di registrare il figlio di una coppia di donne. Nato dalla consigliera del Comune di Torino, Chiara Foglietta, e della sua compagna Micaela, il piccolo Niccolò Pietro non è stato iscritto nei registri perché concepito con la fecondazione assistita di tipo eterologo e non con un rapporto eterosessuale, come previsto dalla modulistica ministeriale.
Qual è stato il problema?
Si è trattato di un disguido burocratico. In Italia non esiste una legge che regoli questa materia. Nel caso torinese il problema è stato il modulo di registrazione datato 2002, sul quale era richiesto di specificare il concepimento con un rapporto sessuale tra uomo e donna. Alle due mamme sarebbe stato proposto di dichiarare il bambino figlio di “ragazza madre”, cosa che ha suscitato la reazione sdegnata di Chiara Foglietta e della compagna, che hanno lasciato gli uffici senza registrare il figlio.
A che punto è la legislazione italiana in materia?
Come detto, siamo in presenza di un vuoto legislativo. Non esistono norme che vietino la registrazione dei figli di coppie dello stesso sesso. Ci sono però delle sentenze che la ammettono. Nel 2014 la Corte Costituzionale si è espressa sulla legge 40 del 2004 – che regola la fecondazione assistita – dichiarando possibile la procedura eterologa e ammettendo la genitorialità elettiva. Concetto ribadito nel 2016 da una sentenza della Corte di Cassazione. In relazione al comune di Torino, che nel 2013 aveva già negato la registrazione al figlio di due donne, c’è una sentenza sfavorevole della Corte d’Appello, confermata poi dalla Cassazione.
Come è stato possibile registrare il bambino?
La sindaca Chiara Appendino la settimana scorsa si era subito espressa a favore della registrazione, sottolineando la mancanza di indicazioni di legge. Appendino ha dichiarato di aver dovuto operare una “forzatura della legge”, ma in realtà si è trattato solo di una “forzatura amministrativa”: in pratica è stato corretto il modulo sotto accusa, togliendo l’obbligo della presenza di genitori eterosessuali.
Cosa dice in proposito la legge 76 sulle unioni civili?
La legge che porta il nome della senatrice Monica Cirinnà, approvata nel 2016 dopo una lunga discussione parlamentare, riconosce a livello giuridico la coppia formata da persone dello stesso sesso e ne stabilisce diritti e doveri. L’istituto delle unioni civili estende alle coppie omosessuali gran parte dei diritti e dei doveri previsti per il matrimonio, ma non parla di figli ed esclude che si applichino le disposizioni in materia di adozione previste dalla legge n.184/1983. Tuttavia la legge Cirinnà non impedisce ai tribunali di esprimersi su casi singoli, ammettendo di fatto l’adozione in casi particolari, come per esempio la cosiddetta “stepchild adoption” dei figli di uno dei due soggetti della coppia.