Torino e Airbnb: il matrimonio continua, ma con una tassa di soggiorno in più da mettere in conto. Domani, mercoledì 18 aprile, la Città di Torino e il portale online leader nella prenotazione e condivisione di case, appartamenti e alloggi firmeranno il protocollo d’intesa che metterà nero su bianco l’accordo deliberato la scorsa settimana dalla Giunta comunale. Da maggio, i turisti che si affideranno alla piattaforma statunitense per alloggiare in città dovranno pagare 2,30 euro al giorno, la tariffa applicata dal capoluogo alle strutture ricettive da 1 e 2 stelle. Airbnb riscuoterà direttamente i soldi e li verserà nelle casse di Palazzo di Città. Secondo uno studio della Uil risalente al 2016, la Città incassa circa 7 milioni di euro all’anno dalle strutture alberghiere: dopo l’accordo con Airbnb la cifra potrebbe lievitare a 8 milioni di euro.
Torino si accoda ad altre città italiane come Firenze, Genova, Venezia e Roma, dove l’imposta è già in vigore. Nella schermata di prenotazione (foto sotto), oltre ai costi di servizio che Airbnb richiede a chi affitta le case (di solito pari al 3%) verrà aggiunto anche il calcolo sulla tassa di soggiorno, moltiplicato in base alle notti di permanenza in città. Per esempio, se una famiglia di quattro persone è a Torino per quattro giorni dovrà pagare un surplus di 36,80 euro. La tariffa è prevista sino a un massimo di 7 giorni: se si alloggia in una stanza per un mese, la tassa di soggiorno viene conteggiata soltanto per la prima settimana.
L’accordo riguarda solo Airbnb, mentre le altre tipologie di locazioni turistiche come Booking e Tripadvisor sono al momento lasciate fuori. Per gli host non è previsto nessun costo aggiuntivo, ma il timore è che il mercato possa subire un calo. Un mercato in costante crescita visto che dal primo aprile 2017 al primo aprile 2018 si sono registrati 144 mila arrivi sotto la Mole con prenotazioni soltanto tramite Airbnb, con un +31% rispetto all’anno precedente.
“La tassa di soggiorno è troppo alta per una città come Torino, che non vive di un turismo consolidato come Firenze, Venezia o Roma – spiega Valerio Nicastro, presidente dell’Associazione Host Italia – Il capoluogo piemontese è paragonabile a città come Genova o Verona, dove infatti la tassa è di 1 euro al giorno. Capisco che il Comune abbia bisogno di monetizzare, ma non mi pare una scelta democratica, anche perché non si fa differenza tra le strutture più belle e quelle più “spartane”. Inoltre, la legge regionale numero 13 del 2017 sulle strutture ricettive extralberghiere ha creato confusione: oggi alcuni privati riscuotono già l’imposta di soggiorno, altri no. Non mi pare che Soris Spa, la società incaricata dal Comune di riscuotere i soldi, abbia adattato i propri software ad Airbnb. Speriamo che dal prossimo mese sia tutto risolto”.
L’accordo è salutato con soddisfazione da Federalberghi Piemonte. “La tassa di soggiorno è solo un primo passo per rendere il mercato davvero concorrenziale – puntualizza il presidente del sindacato degli albergatori, Alessandro Comoletti – Bisognerebbe poi discutere di altre imposte come quelle sui rifiuti o sull’acqua. Le perplessità permangono, ma almeno le nostre richieste vengono ascoltate”.