Questa notte, in Madison Square, a New York, si è tenuta la 60ma edizione del Grammy Award. Presentati dalla Recording Academy, un’organizzazione di produttori, autori e tecnici, i Grammy sono la cerimonia più conosciuta e seguita in ambito musicale. Convenzionalmente sono chiamati gli Oscar della musica, ma alcuni ne parlano come un riconoscimento troppo influenzato dai risultati commerciali, che non tiene in considerazione i giudizi della critica specializzata.
L’edizione appena conclusa, presentata dal conduttore televisivo britannico James Corden, sarà ricordata per due motivi. Uno è direttamente collegato alla premiazione. Sulla carta, il vincitore dei Grammy 2018 è stato Bruno Mars, che si è aggiudicato tutte le sei nomination. Inoltre ci sono stati i riferimenti ai movimenti #MeToo e Time’s Up, entrambi nati come risposta delle donne allo scandalo Weinstein sulle molestie sessuali.
Come per gli abiti neri ai Golden Globe, anche in occasione dei Grammy le donne hanno scelto un simbolo, una rosa bianca, per trasportare i movimenti #MeToo e Time’s Up (nati a Hollywood) in ambito musicale. Il gruppo che ha lanciato l’iniziativa si chiama Voices in Entertainment: ne fanno parte Halsey, Lady Gaga, Kelly Clarkson, Cyndi Lauper e Kesha. Proprio Lady Gaga ha introdotto il tema dei diritti, inserendo la parola Time’s Up nel testo della canzone “Joanne”. Sul palco, la popstar ha suonato il pianoforte e intonato due canzoni, indossando un abito bianco, capelli raccolti in una treccia e un paio di grosse ali da angelo. I quotidiani stranieri hanno inoltre definito “emozionante” l’esibizione di Kesha, inserendola tra i momenti più alti della cerimonia di premiazione. L’artista losangelina si è circondata di cantanti e musicisti vestiti di bianco, un riferimento al colore scelto dalle suffragette per rivendicare il diritto di voto. Ha interpretato “Praying”, un brano scritto contro Dr.Luke, il produttore che ha denunciato per averla violentata (c’è però una sentenza della corte, contro la quale è stato fatto ricorso, in cui è scritto che non ci sono elementi a sufficienza per ritenere l’uomo colpevole – l’intera storia è ripercorsa qui ).
Lorde si è invece distinta per aver indirizzato la protesta contro gli stessi Grammy. Candidata nella categoria Album of the Year con “Melodrama”, alla cantante è stato chiesto di esibirsi in una performance collettiva, al contrario dei suoi concorrenti, che sarebbero saliti sul palco da soli. Nei giorni scorsi Lorde ha annunciato di non voler partecipare ai Grammy. Ieri, con un post su Instagram, ha invitato a “prendere coraggio e rovesciare gli oppressori” (una citazione dall’artista statunitense Jenny Holzer). Anche il bilancio finale della premiazione ha sollevato alcune polemiche: nonostante lo spazio riservato al tema dell’uguaglianza di genere, la 21enne di origini italiane Alessia Cara è stata l’unica donna ad aver vinto uno dei premi principali (miglior esordio). Inoltre SZA, la donna con più nomination a questa edizione dei Grammy, ha abbandonato Madison Square a mani vuote, confortando una statistica secondo cui, negli ultimi sei anni, nove su dieci Grammy sono andati ad artisti maschi.
Un post condiviso da Lorde (@lordemusic) in data:
Variety si è domandato se il 2018 non potesse essere l’anno della consacrazione dell’hip hop. Nelle oltre ottanta categorie esistenti (ma quelle importanti sono molto meno) Kendrick Lamar aveva molte possibilità di riscattare il genere grazie allo straordinario successo dell’album DAMN. Ma è stato Bruno Mars (autore R&B) a fare il pieno di premi. Mars è presente in tre categorie importanti: Album of the Year e Record of the Year (dedicato a tutto lo staff che ha preso parte alla registrazione) con 24k Magic, e in Song of the Year con That’s What I Like. In tutto i premi assegnati a Mars sono stati sei. Kendrick Lamar ha invece collezionato cinque grammofoni d’oro. Tre sono andati alla canzone HUMBLE: Best Rap Song, Best Rap Performance, Best Music Video. Lamar ha vinto anche Best Rap/Sung Performance per Loyalty (in cui canta anche Rihanna) e Best Rap Album con DAMN. Tra i nomi più conosciuti che si sono portati a casa una statuetta ci sono Ed Sheraan (Best Pop Solo Performance con Shape of You) e Alessia Cara (Best New Artist). La lista completa dei premiati è apparsa su diversi giornali. Qui c’è quella di Vox: tra gli artisti il cui nome è contrassegnato dalla dicitura “WINNER” non c’è Jay-Z, forse il vero sconfitto della serata. Lo storico rapper ha un curriculum di tutto rispetto (21 Grammy vinti nelle precedenti edizioni), ma stavolta il suo album 4:44 non ha portato a casa neanche un grammofono, nonostante sette nomination. A proposito di Jay-Z: è diventato virale un video in cui la piccola Ivy Blue Carter, sei anni, figlia del rapper e Beyoncé, dice ai genitori di “calmarsi” con un gesto della mano.
When your parents need to not. #Grammys pic.twitter.com/VpwcYsPGQM
— Vulture (@vulture) 29 gennaio 2018
Come d’abitudine in questo tipo di manifestazioni, almeno da quando Trump è alla presidenza degli Stati Uniti, c’è stato un momento politico. In apertura, Lamar ha interpretato alcune canzoni, tra cui “XXX”, con la partecipazione degli U2 e del comico afroamericano Dave Chapelle: quello di Lamar è stato un messaggio duro e senza compromessi, che l’Atlantic ha definito “un’austera e affascinante incursione di rabbia e orgoglio”. Il testo di “XXX” racconta di un afroamericano che chiede di perdonare gli assassini del figlio: mentre sul fondo scorrono le immagini dei neri perseguitati, il rapper invoca l’occhio per occhio e rifiuta ogni forma di indulgenza. In coda all’esibizione, Bono Vox, il frontman degli U2, ha gridato, rivolgendosi all’Africa: “Beautiful countries, you are not a shithole”. Il riferimento è all’appellativo poco lusinghiero con cui Trump si è rivolto ad Haiti e paesi africani nei giorni scorso. La tv Logic ha censurato questo momento e le polemiche non sono mancate. Vulture, ad esempio, ha scritto: “Con tutta la mancanza di rispetto, il presidente lo ha detto per primo”. Ha fatto scalpore anche il video in cui alcuni musicisti hanno letto porzioni di Fire and Fury, il libro del giornalista Michael Wolff che ha fatto infuriare il presidente Trump. Tra i vip che ne hanno letto una porzione anche l’ex candidata democratica Hillary Clinton.
Altri fatti, in ordine sparso, che hanno reso memorabile questa edizione del Grammy Award: l’esclusione di Louis Fonsi e Daddy Yankee, autori di Despacito, dalla lista dei vincitori; l’annuncio di una collaborazione tra Sting e Shaggy; l’omaggio Country alle vittime della strage di Las Vegas e la celebrazione degli artisti scomparsi nel 2017, tra cui Jerry Lewis e Tom Petty; il ritorno del dolcevita sul red carpet (alcuni degli abiti indossati alla cerimonia sono visibili grazie al “Glambot” di E!).