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Fish&Chips alla terza edizione, l’intervista alla direttrice Pellegrini

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Si apre stasera 18 gennaio alle 21 al cinema Massimo la terza edizione del Fish&Chips Festival, rassegna internazionale sul cinema erotico e sessuale. Una threesome edition, come ricordano con malizia gli organizzatori, in cui verranno proposti al pubblico 43 film in concorso, 3 film-omaggio a figure simbolo della cultura erotica, 3 proiezioni fuori concorso, oltre a mostre e laboratori. Al centro c’è l’erotismo, un aspetto presente nella vita di ognuno ma che viene preso alla leggera, spesso confuso con la pornografia, e da quest’ultima sminuito.

Dalle parole della direttrice Chiara Pellegrini, 32 anni, emerge l’esigenza di distinguere i due temi e di contribuire a una maggiore consapevolezza del vasto mondo dell’eros, a una fluidità della sessualità che forse è ostacolata dalla pornografia da redtubes.

Pellegrini, come sopravvive un Festival sull’erotismo al confronto con generazioni cresciute anche con siti pornografici? 

Chi viene al nostro Festival non è un consumatore abituale di pornografia. È pur vero che tutti noi, in misura variabile, consumiamo pornografia. La nostra generazione magari è cresciuta con i redtubes, ma ha una visione della sessualità meno standardizzata rispetto alle altre: ad esempio oramai si accettano l’omosessualità e pratiche a questa legate apertamente.

Che tipo di pubblico si aspetta?

Fin dalla sua prima edizione, Fish and Chips ha avuto un pubblico giovane, nella fascia che va dai 25 ai 35 anni, con una leggera predominanza delle donne. È un dato confermato dagli insights di Facebook. Nelle prime due edizioni ci ha piacevolmente stupito, però, la presenza di persone più anziane che si avvicinavano al Festival: abbiamo anche assistito a scene divertenti in cui signori settantenni uscivano dalla sala abbastanza alterati perché quello che avevano visto non corrispondeva alle loro aspettative, che sono quelle del classico film erotico degli anni Settanta. Magari si immaginavano di vedere la nipote di Edwige Fenech! (ride, ndr)

Il pubblico è composto da cinefili o da curiosi?

Secondo me un po’ di tutto. C’è uno zoccolo duro di appassionati del cinema erotico, ma non sono preponderanti rispetto agli altri tipi di pubblico.

Prima ha detto che oggi c’è una visione della sessualità meno standardizzata rispetto al passato. Non crede che i siti porno, anche involontariamente, diano input in tal senso?

Non sono d’accordo: i redtubes sono organizzati per categorie, che per definizione tendono a chiudere e mettere dei paletti. Io penso che negli ultimi due decenni ci sia stata un’involuzione dal punto di vista sessuale: malgrado l’aumento di messaggi ammiccanti, in realtà siamo più conservatori. Ma forse i ragazzi giovani hanno voglia di riscoprire una sessualità diversa, una “pornografia alternativa” rispetto a quella facilmente rintracciabile su Internet.

La domestica sudamericana, la massaggiatrice asiatica: quanto razzismo c’è ancora nel mondo nel cinema erotico e nel porno? 

Nel porno “mainstream” esistono certamente queste dinamiche, anche a causa della categorizzazione dei video. Consigliamo infatti di venire alla data di chiusura dedicata alla “Pink & White Productions”, una casa di produzione statunitense le cui pellicole sono ascrivibili alla pornografia etica, con performers molto variegati per etnia ed età.

Qual è il vostro budget per quest’anno?

Più o meno lo stesso delle scorse edizioni: tra i sette e i diecimila euro.

Avete fatto una campagna di crowdfunding per raggiungere questa cifra?

Sì. Non ci siamo appoggiati a una piattaforma di crowdfunding ma l’abbiamo lanciata direttamente sul nostro sito.

 

VALERIO BARRETTA

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