È di pochi giorni fa l’ultima dichiarazione del ministro della Cultura Dario Franceschini che conferma la sua volontà di dare una svolta all’immagine del cinema italiano nel mondo. Il ministro ha proposto, sfidando network, produttori e servizi streaming, una norma che aumenti la visibilità e i fondi a disposizione delle produzioni nazionali. Per quanto riguarda Netflix, il ministro ha spiegato che questo implicherebbe anche una valorizzazione “in home page, nei menu e attraverso banner”.
Il testo prevede che venga trasmesso almeno un film o una fiction di produzione italiana a settimana per ogni canale tv (due per la Rai), anche in prime time. I network hanno già lamentato che l’intervento per adeguare programmazione e produzione verrebbe a costare 1,2 miliardi di euro, ma il ministro è intenzionato a proseguire per la sua strada, acconsentendo però a una moratoria per il 2018 in modo da lasciar tempo per aumentare la produzione di qualità, che possa cioè, anche secondo i canali tv, sostenere la prima serata.
Il secondo punto della proposta Franceschini riguarda le norme che regolano gli investimenti nelle produzioni italiane: i network privati dovranno incrementarli dal 10 al 15%, quelli pubblici dal 15 al 20%. Anche la quota minima di ricavi destinati dalle opere cinematografiche italiane aumenta, dal 3,2 al 4,5% per i privati, dal 3,6 al 5% per la Rai. Per chi non si atterrà alle nuove regole sono previste multe che vanno dai 100mila ai 5 milioni di euro (o al 3% del fatturato, se dovesse essere una cifra superiore).
Il ministro dice di ispirarsi al modello francese delle quote, che “è quello che ha permesso di risollevare il cinema francese”. Ed effettivamente, fin dal 1990 la legge francese prevede un trattamento di favore per le produzioni d’oltralpe: oltre a tasse prelevate dai fatturati per supportare le produzioni nazionali, infatti, sono previste esenzioni e crediti d’imposta per chi investe. È inoltre impossibile vendere dvd nei primi quattro mesi dopo la proiezione dei film nei cinema. Per incentivare ulteriormente le pellicole francesi è anche incoraggiata la coproduzione con il governo nazionale e quelli regionali.
Ma l’aspetto più rilevante delle norme che regolano il cinema d’oltralpe riguarda le quote di trasmissione e produzione: dal 1990, almeno il 60% di quel che viene messo in onda in tv deve essere di origine europea. Di questa quota, la porzione minima di produzioni francesi deve essere il 40%: le regole si applicano anche al prime time. In più, le case cinematografiche devono contribuire con il 16% del loro fatturato alla crescita della produzione nazionale, di cui i 2/3 vanno dedicati alle pellicole indipendenti.
In realtà, però, alcuni documenti di rilevanza accademica sottolineano che il sistema di incentivi non abbia migliorato la situazione del cinema francese. Resta dunque da capire se l’effetto in Italia sarà differente. In attesa di scoprire che produzioni italiane domineranno il grande e piccolo schermo nei prossimi anni, però, consapevoli che su Netflix è già presente un caposaldo della fiction italiana come “Don Matteo”, iniziano le prime dispute su quali saranno le serie italiane a fare concorrenza a “The Crown” e “Narcos”.