Quando nel 1932 Ole Kirk Kristiansen fondò l’azienda Lego non poteva immaginare il successo che avrebbe avuto. Poteva però supporre, vista la sua precedente esperienza con i giocattoli di legno, che l’idea di assemblare dei mattoncini per creare personaggi, castelli, galeoni e storie, avrebbe stuzzicato la fantasia dei bambini. Quello che lascerebbe stupito persino il falegname di Billund è sapere che il Lego store di via Roma, a Torino, è frequentato prevalentemente da adulti.
Collezionisti e amatori, si riversano all’interno del negozio, affollandolo a mezzogiorno per scegliere i regali natalizi da fare a figli e nipoti o, più spesso, a sé stessi. Ad accogliere gli ospiti all’ingresso sono gli enormi MOC, acronimo che sta per My Own Creation, creazioni progettate e costruite da appassionati senza l’aiuto delle istruzioni. Il via vai di persone che visitano lo store è un flusso continuo che scorre per i due piani del locale. Chi scatta una foto, chi si ferma ad ammirare le costruzioni esposte come opere all’interno di alcune teche di vetro, chi invece domanda prezzi e chiede consigli per il prossimo compleanno di un bambino ancora sconosciuto.
Entrando si ha l’impressione di tornare a un’età spensierata e fantastica. I castelli e i pirati hanno lasciato spazio a eroi diversi. Le nuove storie Lego sono ambientate nel futuro o mutuate su saghe televisive e cinematografiche proprie della contemporaneità. Cavalieri e dame sostituiti da ninja e robot. Rimane fitta la presenza di modellini di “Star Wars” ma invece di “Indiana Jones” ci sono interi scaffali occupati dai “Pirati dei Caraibi”. Si aspetta come l’avvento il nuovo Millenium Falcon, l’astronave che Ian Solo usava per solcare la galassia “lontana lontana” nella saga di George Lucas. Sarà il pezzo più pregiato della collezione, il più costoso della storia, scavalcando la Morte Nera. Più di 7mila mattoncini per comporre l’opera più ambiziosa della casa danese. 800 euro la spesa.
Attaccati alle pareti portanti, divisi dalle scale che scendono al piano sotterraneo, ci sono una serie di contenitori di vetro, con un buco grande quanto un pugno per infilare una paletta. Gli stessi che si possono trovare in un negozio di dolciumi. All’interno giacciono pezzetti e mattoncini di ogni forma e colore, basta avvicinarsi con una busta e prendere gli oggetti da prezzare al chilo. I bambini sembrano attratti più dalla similitudine con le caramelle che dalle reali intenzioni dei progettatori, ma il gioco funziona. Alcuni adulti invece stanno fermi di fronte ai modellini più grandi, li guardano con aria sognante accennando un sorriso nel momento in cui trovano qualcosa della loro infanzia. Sono reliquie, opere d’arte. Si guardano attraverso il vetro, si ha timore anche a toccarle. Farle cadere, e vederle disintegrarsi, significherebbe rovinare ore di costruzione e dedizione alla causa, un gesto che decine di appassionati ritengono cattiveria gratuita.
Oggi la Lego ha più di ottanta anni, abbraccia tre generazioni ed è diventato un fenomeno di costume, con un giro d’affari pari quasi a trentotto miliardi di corone danesi (al cambio cinque miliardi di euro). La maggior parte dell’azienda rimane nelle mani degli eredi di Kristiansen, che mattoncino su mattoncino, partendo dal legno e superando la grande depressione e due incendi, ha costruito una fortezza solida quanto le stesse costruzioni, come la fantasia dei bambini. E questo il suo fondatore non lo avrebbe mai immaginato.