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I Giulia’s Mother sul palco dello Spazio 211 per chiudere il Release tour

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Era giugno quando i Giulia’s Mother suonarono ai Magazzi del Po a Torino prima di salire su una zattera fai da te, costruita con bidoni e polistirolo, e navigare per centinaia di chilometri sul Po per presentare il loro disco Here. E domani tornano nel capoluogo piemontese per l’ultima data del loro Release Tour.

“È come chiudere un cerchio”, spiega Andrea Baileni, metà del duo folk-rock, assieme a Carlo Fasciano.

Si esibiranno sul palco dello Spazio 211, ospitando sul palco altri artisti: “Termineremo nella città dove tutto è partito – racconta -, anche il viaggio in zattera sul Po. Celebreremo il sogno reale che, seppur non raggiunto, abbiamo sfiorato. E poi ripartiremo subito per Bruxelles dove suoneremo a inizio dicembre”.

Cosa ci si deve aspettare dal vostro ritorno a “casa”?

La copertina del cd

Un live molto curato, perfezionato e con tante cose nuove. Aver tenuto Torino come ultima data ha permesso di arrivarci più rodati. Con noi sul palco Dardust, Daniele Celona, Bea Zanin e Bandakadabra, sezione fiati, che abbiamo incrociato durante l’avventura in zattera. Cercheremo di dare il nostro meglio.

Quindi, meglio i palchi della zattera?

Suonare è bellissimo, soprattutto live, ma è difficile che riusciremo a rilegarci nella figura di musicista. Quando rivedo i video sulla zattera, infatti mi rendo conto di quello che ho fatto, dei ricordi belli ma non solo, come quando ci siamo imbattuti in un violento temporale senza poter attraccare alla riva, con la zattera tra fulmini e pioggia. È questo che vogliamo raccontare anche nei nostri live. Ora è come risvegliarsi da un sogno e noi siamo sognatori, per non dire dei cazzari. E chissà, in futuro tutto è possibile.

Avete in serbo nuove avventure?

Stiamo già lavorando a un altro progetto che però ha scadenza biennale. È ancora più grande ma è top secret. Riguarda sempre la natura, il senso del viaggio ma necessita di tempo.

E “semplici” lavori discografici?

Abbiamo scritto tante cose nuove. Anzi, credo che perderò i capelli proprio come Carlo, ma non lo scrivere (ride, ndr). Quest’estate, dopo la zattera, ci siamo ritirati nella nostra Casina: per tre giorni abbiamo registrato e abbiamo tirato fuori tantissime idee e spunti. Come l’italiano, finora scelto per una sola canzone.

Non rischiate, però, di essere “quelli della zattera”?

Meglio di essere quelli di X-Factor o di Amici. Questa etichetta ci appartiene. Noi siamo quelli che registrano nella natura, che decidono di fare cose impossibili come un viaggio in zattera… Insomma, chi non ha mai voluto essere un naufrago?.

Parlando di talent, tempo fa avete detto di “no” a X-Factor per “non snaturarvi” con programmi che ora, però, vantano tra i giudici personalità come Levante, con la quale condividete l’etichetta Inri. Cosa succede? I talent sono sempre più indie o cambiano gli artisti che fanno gli indipendenti?

Prima nei talent c’erano giudici e ci si lamentava, ora ci sono musicisti. E anche artisti come Manuel Agnelli degli Afterhours, Elio di Elio e le Storie Tese e Levante. È semplice: l’indie è il nuovo mainstream e i talent sono lo specchio dei tempi. Non sono il male, il male è che spesso vengono considerati l’unica strada possibile. Da musicista non mi appartiene e poi bisogna essere coerenti con quello che si è, per noi non lo è X-Factor.

Nella prima intervista per Futura News, aveva detto che se una storia non la racconti non esiste. Ora cosa raccontate?

Noi facciamo quasi tutto da soli, insieme con qualcuno che ci dà una mano solo per amore del progetto. A livello personale, sia per me che per Carlo, la musica ci sta dando tantissimo e allo stesso tempo ci sta togliendo tantissimo. Ma quando ami qualcosa ci dedichi tutto il tempo senza chiederti se ne valga la pena. A distanza di due anni sicuramente racconteremo cose diverse ma possiamo dire di avere inseguito il nostro sogno e di averlo toccato con mano.

Ancora questo sogno, ma qual è?

Semplice, poter vivere con la nostra musica.

CRISTINA PALAZZO

 

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