È stata approvata il 15 novembre in via definitiva dalla Camera dei Deputati (con 357 voti a favore, 46 contrari, 15 astenuti), la legge posta a protezione dei cittadini che segnalano casi di corruzione o malversazione nel settore pubblico e privato. Il nuovo strumento, che integra la normativa sulla tutela dei lavoratori, protegge i whistleblower – suonatori di fischietti, in riferimento ai poliziotti londinesi che usano questo strumento per richiamare l’attenzione dei colleghi – e prevede il divieto di ritorsioni, quali il licenziamento, il demansionamento o il trasferimento per il lavoratore che denuncia all’autorità giudiziaria o a quella contabile, un illecito di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio lavoro. Il disegno di legge, che ha come prima firmataria la deputata del Movimento 5 Stelle Francesca Businarolo, è il frutto di uno sforzo collettivo che ha coinvolto le principali organizzazioni per la trasparenza italiane, che da anni chiedono l’introduzione di norme in grado di garantire un ecosistema immune all’omertà e che tuteli i cittadini responsabili.
I whistleblower italiani da proteggere: Raphael Rossi a Torino
La tutela di chi denuncia irregolarità alle quale ha assistito e che non è disposto a tollerare, è un passo la cui necessità è rappresentata dal sempre maggiore numero di casi di corruzione scoperti grazie all’intervento di – quasi sempre – anonimi cittadini che sfidano il malcostume esponendo spesso se stessi e le loro famiglie. È questo per esempio il caso di Raphael Rossi, che nel 2007, da membro del consiglio di amministrazione di una delle più importanti partecipate della città di Torino, l’azienda dei rifiuti Amiat, ha respinto un tentativo di corruzione che gli è costato il posto di lavoro. La nuova norma non solo garantisce che chi denuncia casi di corruzione non possa essere licenziato, ma ne garantisce anche il reintegro.
“Siamo felici di questo successo, giunto al termine di un percorso lungo e difficoltoso”, ha spiegato a Futura News Businarolo, “Anche se abbiamo dovuto affrontare una certa resistenza culturale, il risultato è stato positivo e la norma è fatta bene”. Il percorso della legge sul whistleblowing è stato lungo e accidentato: dalla sua prima stesura, nel 2013, il disegno è stato votato la prima volta dalla Camera il 21 gennaio 2016. Da allora sono passati più di seicento giorni perché venisse approvato in Senato, dove era stato messo al palo in Commissione Affari Costituzionali. Una petizione a sostegno dell’approvazione della legge ha raccolto 60mila firme, poi presentate al presidente del Senato Pietro Grasso che a Palazzo Madama aveva ricevuto i rappresentanti di Riparte il Futuro e Transparency International Italia. Un atto simbolico seguito alla manifestazione organizzata dalle due associazioni a Roma a cui era presente anche Raffaele Cantone e con la quale si sperava di sbloccare la norma.
Il #whistleblowing è legge! Da oggi chi segnala #corruzione avrà tutele come è giusto che sia per chi fa il bene comune. pic.twitter.com/b93OZArBlY
— Transparency Italia (@transparency_it) November 15, 2017
Un progetto di legge che inizia dai cittadini
“Siamo molto soddisfatti perché questa è una legge che parte dalla società civile”, ha spiegato a Futura News Davide Del Monte, direttore di Transparency International Italia e tra i primi sostenitori della legge. “Lavoriamo sul tema del whistleblowing dal 2009, e da lì abbiamo costruito questo risultato un pezzo alla volta”. Il successo della norma dipenderà in gran parte da come questa verrà applicata e interpretata dalle linee guida che dovrà pubblicare l’Anac di Cantone, ma Del Monte assicura: “Monitoreremo per assicurarci che venga utilizzata in modo efficace. In Italia ci sono tante buone leggi, ma serve più attenzione alla loro applicazione”.
Transparency International Italia è la principale organizzazione schierata a favore dell’utilizzo del whistleblowing come strumento per sconfiggere la corruzione in Italia. Più di due anni fa hanno lanciato Alac – Allerta Anticorruzione – servizio anonimo e aperto a tutti i cittadini per raccogliere segnalazioni proteggendo l’identità dei segnalanti. Nei primi 30 mesi di attività, sono state oltre 300 le denunce inviate da cittadini a conoscenza di casi di corruzione o di irregolarità.
Fabio Pietrosanti, presidente del Centro Hermes, organizzazione che promuove trasparenza e diritti digitali, ha sottolineato l’importanza del fatto che la legge prevede anche la creazione di canali atti a ricevere le segnalazioni proteggendo l’identità dei whistleblower: “La legge obbliga ad avere strumenti di reporting e a far lavorare in modo attivo i responsabili anticorruzione sia nel settore pubblico che in quello privato, e questo è importante perché oltre alla tutela del segnalante entra in gioco anche un incoraggiamento attivo nel promuovere la trasparenza come scelta dal basso”.