Secondo i documenti riservati consultati da Irpi, l’intesa tra i Ministeri del Lavoro, della Salute e dello Sviluppo Economico, pensata per permettere anche a enti privati di effettuare le verifiche, favorirebbe invece una sicurezza “al ribasso”. Il risultato è che, a causa dei prezzi contenuti ottenere le certificazioni, le società private di ispezione suggeriscono con costose consulenze alle raffinerie come superare i controlli da loro stessi effettuati.
Tra i casi messi in luce dai reporter investigativi, c’è un’indagine sul ramo italiano della società francese Bureau Veritas, che attraverso le varie controllate del suo gruppo certifica nuovi macchinari, verifica gli impianti e dà consigli per migliorare sicurezza e produttività delle aziende. I clienti di BV sono nomi eccellentissimi dell’industria italiana: Saras, Isab, Ilva e altri colossi del settore degli idrocarburi. Secondo Irpi, diversi controlli effettuati non sarebbero a norma e, in alcuni casi, gli ispettori avrebbero anche ricoperto il ruolo di consulenti, nonostante la legge lo vieti espressamente. Sembrerebbe questo il caso dell’Ilva di Taranto, che nel 2016 si è rivolta a BV per la verifica dei generatori a vapore dell’impianto. Una volta ottenuta la commissione dall’Ilva, Bureau Veritas si sarebbe proposta anche per le “attività propedeutiche di superamento della verifica”, nonostante l’evidente conflitto d’interessi.
Un altro caso raccontato nell’inchiesta vede coinvolta la Sarlux, raffineria in provincia di Cagliari di proprietà della Saras. Nel giugno 2016 la dirigenza della società ha sollecitato Bureau Veritas affinché rilasciasse le certificazioni su alcuni macchinari che erano stati controllati a febbraio. Dopo mesi di richieste cadute nel vuoto, nelle conversazioni emergerebbe che l’ispettore mandato da BV non era abilitato a effettuare quei controlli, quindi tanto meno a firmare i relativi verbali. Dopo quattro mesi BV ha fatto firmare le certificazioni a un ingegnere abilitato, ma che quelle verifiche non le avrebbe mai fatte. BV ha risposto alle domande di Irpi spiegando che l’ingegnere “era in fase di tirocinio per completare il processo di qualifica” e che quindi “alcune attività possono essere completate da un ispettore in tirocinio sotto la supervisione di un ispettore qualificato.” Secondo Bureau Veritas dunque il tirocinante che ha effettuato i controlli era seguito da un tutor, che poi ha firmato i verbali. Come evidenzia Irpi se fosse stato così i documenti avrebbero dovuto avere sia la firma del tutor che quella del tirocinante, così come prevede la legge. Ma i verbali appunto non presentano tutte e due le firme.
#cartefalse è un’inchiesta basata su decine di documenti ricevuti da Irpi attraverso IrpiLeaks. Una piattaforma accessibile dal loro sito internet, tramite la quale è possibile caricare informazioni e documenti sotto forma anonima. Lo strumento utilizzato è la tecnologia GlobaLeaks, che grazie all’utilizzo di sofisticate tecnologie di cifratura e del Deep Web, impedisce in qualunque modo di risalire alla fonte. L’anonimato degli informatori, chiamati whistleblower, è sempre più centrale nel lavoro giornalistico. La stampa utilizza questi metodi per proteggere l’identità di chi fornisce le notizie.
Il lavoro di Irpi è stato pubblicato in occasione del lancio di FreeJourn, la prima piattaforma per sostenere il giornalismo d’inchiesta indipendente. Il servizio è pensato per consentire ai freelance di avere maggiore visibilità, per trovare nuove forme di finanziamento ed entrare in contatto con colleghi in tutto il mondo, oltre che con i media “tradizionali”.