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Davigo: “Nessuna attrazione col M5S, parlo con chi ha voglia di ascoltarmi”

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No ai magistrati in politica. Al convegno sulla Giustizia alla Camera di dieci giorni fa, l’ex leader dell’Associazione Nazionale Magistrati Piercamillo Davigo ha ribadito di non essere interessato a scendere in campo. “I magistrati – ha detto – non sono capaci di fare politica”.

Cosa intende dire con questa affermazione?

“Voglio dire che ci sono due modi per conferire gli incarichi: il criterio di competenza e quello di rappresentanza. Noi scegliamo col criterio di rappresentanza il sindaco che governa le nostre città e dovremmo scegliere con quello di competenza il primario di cardiochirurgia che ci deve operare a cuore aperto. I magistrati, come tante altre professioni, sono scelti per competenza. La differenza rispetto a tutte le altre categorie è che hanno le guarentigie (garanzie previste dalla Costituzione per assicurare l’autonomia della magistrati, ndr), per poter prescindere da ciò che pensa l’opinione pubblica del loro operato. Dopo anni che un magistrato opera col criterio di competenza a riparo dalle guarentigie (, ndr), può mai adattarsi a operare col criterio di rappresentanza? Magari se è un genio come Leonardo Da Vinci sì, ma nella stragrande maggioranza dei casi no. I magistrati non sono capaci di gestire il consenso, né di procurarselo, perché non lo hanno mai fatto. E non lo sanno fare”.

Eppure ci sono magistrati, per ultimo il pm Nino di Matteo, che non la pensano come lei. Cosa spinge loro a impegnarsi in politica?

“Intanto non sono mica tanti a scegliere questa via, alla fine sono solo sei tra gli eletti in Parlamento, di cui tre effettivi e altri tre ex magistrati. Non saprei dire cosa spinge loro a mettersi in gioco, bisognerebbe chiederlo ai diretti interessati”.

C’è qualcosa che possa farla ricredere?

“No”.

Tuttavia, c’è chi teme un suo impegno politico. Berlusconi, in una telefonata a Renzi riportata dal Corriere della Sera, ha parlato del rischio di una vittoria elettorale del M5S e della formazione di un governo di pm, guidato da lei.

“Ognuno è libero di dire quel che vuole, non commento”.

È indubbio, però, che sia molto stimato dal Movimento 5 stelle e questo apprezzamento sembra sia reciproco (intervista al blog di Grillo, relatore a convegni organizzati dal M5S). Com’è nata questa attrazione, se si può chiamare così?

“Nessun tipo di attrazione. Se due si sposano esprimono il consenso reciproco, se non si sposano non lo esprimono. E io non ho espresso alcun consenso. Semplicemente parlo con chiunque sia disposto a starmi ad ascoltare”.

Non sono mancate da parte sua alcune stoccate al governo, in particolare sulla riforma della giustizia. Quali sono state le promesse disattese?

“Il governo si era impegnato a rivedere con noi una norma che noi riteniamo priva di senso comune, quella sull’avocazione obbligatoria (potere del capo della Procura di intestarsi tutte le inchieste, ndr). La legge prevede che, passati tre mesi dalla scadenza del termine delle indagini preliminari, se il pubblico ministero non esercita l’azione penale o non chiede l’archiviazione, il procuratore generale deve avocare. Per capire la follia di questa norma bisogna tener conto di un dato: le procure generali hanno un organico inferiore al 10% di quello delle procure. Se avocheranno, dovranno per forza trasferire magistrati dalle procure alle procure generali, creando questioni nella gestione del personale e non risolvendo problemi”.

Quali sarebbero, invece, i punti cardine di una sua ideale riforma della giustizia?

“In campo civile, innanzitutto ridurre il numero delle cause. Ogni anno in Italia aumentano a dismisura, prendono il via più cause civili di quante ne vengano iniziate in Spagna, Francia e Gran Bretagna messe insieme. E non è perché gli italiani abbiano la litigiosità nel sangue. Basterebbe colpire duramente chi agisce nei vari gradi di giudizio sapendo di avere torto per far finire tutte queste cause in eccesso. Ovviamente, per poter fare questa cosa, bisogna ridurre anche il numero degli avvocati. È una questione di lunghissimo periodo, non ci sono soluzioni miracolistiche nel breve. Nel penale, invece, bisogna depenalizzare massicciamente, non è pensabile che si facciano tutti i processi che facciamo noi. Ci sono una serie di reati assolutamente inutili che ci costringono a processi molto faticosi. Ma è mai possibile che si debbano fare tre gradi di giudizio a chi cancella con la gomma il biglietto del tram per poterlo ritimbrare?”

Ha più volte ribadito che destra e sinistra si sono date da fare non per contrastare la corruzione, ma per contrastare i processi alle indagini sulla corruzione.

Sì, e se non vengono approntati rimedi efficaci, sarà un fenomeno che continuerà ad incidere tanto nella politica attuale.

A proposito, sono trascorsi 5 anni dall’entrata in vigore della legge Severino. Qual è il suo bilancio complessivo?

“È una legge che non ha risolto praticamente nessuna delle questioni che c’erano e ne ha introdotte di nuove. Il nostro problema è ridurre il più possibile le fattispecie penali, non moltiplicarle. Nove processi su dieci in materia di corruzione non si fanno per sapere sei il signor A ha dato soldi al signor B, ma per vedere in quale categoria collocare questo comportamento”.

EMANUELE GRANELLI

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