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Massimo Chiesa, l’uomo che sta vincendo la sua sfida con il cavernoma

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Massimo Chiesa ha 52 anni e da 37 convive con un cavernoma al cervello. Quando nel 1979 gli si è paralizzato il braccio sinistro, ancora la patologia non era nota, tanto che gli era stato diagnosticato un tumore e tre settimane di vita. Oggi è il presidente dell’Associazione Italiana Angiomi Cavernosi (AIAC) e almeno una volta l’anno organizza incontri con i massimi specialisti del settore per raccontare una malattia ancora poco conosciuta.

La malattia.

La patologia di cui soffre è una malformazione cerebrovascolare che comporta una dilatazione dei capillari in una o più zone del cervello. I gomitoli di vasi sanguigni possono raggiungere le dimensioni di una pallina da golf, compromettendo il sistema neurologico. Le prime avvisaglie possono essere di vario tipo, dalla diplopia, ovvero lo sdoppiamento della vista, o emicranie, ma è possibile scoprirla anche accidentalmente con una normale risonanza magnetica.

La sua diffusione.

“Pur essendo una malattia poco nota, ha un’incidenza relativamente alta sulla popolazione mondiale, pari a una persona su 500” spiega Francesco Saverio Retta, professore associato di biologia applicata alla facoltà di Medicina dell’Università di Torino. I sintomi si manifestano soprattutto nella fascia d’età tra i 30 e 40 anni, ma la malattia può colpire anche i bambini in tenera età.

Cause.

Esistono due tipologie di cavernoma, quello a carattere familiare e quello sporadico. Il primo comporta una disattivazione genetica ereditaria, mentre il secondo è il risultato di una mutazione derivata da cause esterne. La patologia si riscontra alla stessa maniera nei due sessi, anche se per le donne è maggiore il rischio di emorragia.

Possibili cure.

Al momento, l’unico modo per contrastare l’angioma cavernoso una volta sviluppato è l’intervento chirurgico, anche se in alcune zone del cervello particolarmente delicate risulta troppo rischioso operare. “Stiamo lavorando a una terapia preventiva per evitare l’aggravarsi della malattia, ma ci vorranno cinque-dieci anni prima di ottenere risultati affidabili”.

Nonostante il cavernoma non sia una malattia da prendere sottogamba, Massimo Chiesa dimostra che ci si può convivere: oltre a presiedere l’associazione da tre anni, oggi lavora come centralinista al Comune di Rivoli. E sta vincendo così la sua sfida con “le tre settimane di vita”.

LISA DI GIUSEPPE
EMANUELE GRANELLI