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Ivrea, le voci, le storie e i personaggi della Grande Invasione

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Quattro giorni di festival, un programma che accarezza la lettura sotto diversi aspetti. Dai libri all’arte, dalla critica al teatro, fino alla musica. La Grande Invasione eporediese taglia il traguardo dei cinque anni e festeggia con un programma ricco di ospiti: internazionali e non, agli esordi o affermati. Inevitabile che il pensiero corra al Salone del Libro appena concluso. Perché un festival di lettura a cinquanta chilometri da Torino? Perché due settimane dopo la chiusura della kermesse del Lingotto?

Perché la Grande Invasione è un evento altro, diverso, verrebbe da dire. Non è una fiera, intanto. Passeggiando tra via Palestro e le ampie piazze che vi si affacciano di libri non se ne vedono. Ma non di rado capita invece di incrociare Marco Cassini, fondatore della casa editrice Minimum Fax e delle Edizioni Sur, o Gianmario Pilo, socio della Galleria del Libro di Ivrea, correre da una parte all’altra con il telefono in mano ma senza perdere quell’accenno di sorriso tipico chi si sta divertendo, e non solo lavorando per far funzionare la macchina che hanno costruito. Sono i due fondatori del festival, e hanno saputo trasmettere alla città il senso della lettura: lentezza, condivisione discreta, cultura sì ma non quella strillata. E allora Nicola Lagioia si accomoda sui divanetti in piazza Ottinetti, all’ombra degli ombrelloni allestiti dall’organizzazione, e a due metri c’è un ragazzino che, pallone al piede, dribbla autori e pubblico, quello che è arrivato a Ivrea per scambiare due chiacchiere con chi, solitamente, vive lontano, stampato sui libri.

Libri

Gli ospiti di primo piano non mancano, dunque. A cominciare da Marco Missiroli, trentaseienne scrittore riminese e firma de Il Corriere della Sera sulle pagine della cultura. L’autore di Atti osceni in luogo privato (Feltrinelli, 2015) spiega il significato di questo festival: “Qua a Ivrea in quattro giorni si rinasce, perché chi viene qua viene invaso dai libri e può scegliere cosa leggere, per consolarsi, per crescere, per salvarsi. Alla fine si è più arricchiti”. Libro della vita? “Il commesso di Bernard Malamud, probabilmente per il mio passato da edicolante. Per il 2017 consiglio Non abitiamo più qui di Andre Dubus”. Ecco l’intervista completa

Critica

Territorio e gioventù sono due dei temi ricorrenti della Grande Invasione. Il ciclo “Esordi”, ad esempio, porta a Ivrea alcuni degli autori alla prima pubblicazione: quest’anno, tra gli altri, Anna Giurickovic Dato, Valerio Callieri e Ilaria Macchia. “Forse ci sono troppi libri, è vero, siamo legati a meccanismi editoriali che continuano a pubblicare in abbondanza anche se i lettori diminuiscono” spiega il critico letterario Andrea Coccia, fondatore di Slow News, progetto giornalistico la cui parola d’ordine è rallentare, per navigare nel mare dell’informazione. L’abbondanza è un problema anche per la letteratura? “Credo che il concetto di lentezza debba riguardare i lettori più che l’industria: il filtro siamo noi che compriamo e consumiamo i libri. Concentrazione, tempo, crescita personale sono il valore della parola scritta: non bisogna abbuffarsi – prosegue – ma abbandonarsi, lasciare andare l’immaginazione e mettere in azione quello che l’autore ha apparecchiato per noi”. Proprio il significato della Grande Invasione: “La natura di questo festival è trovarsi in famiglia a fine serata, vedersi e raccontarsi cosa è successo”.

Musica

Ha poco più di ventimila abitanti, ma curiosamente da Ivrea arrivano due importanti artisti della scena musicale indie, cioè quel genere che, attraverso un racconto strettamente personale, mira a discostarsi dalla cultura dominante, pop, mainstream. Sono Marco Jacopo Bianchi, in arte Cosmo, e Mattia Barro, noto con il nome l’Orso, il suo progetto nato nel 2011 e concluso lo scorso dicembre. Entrambi sono ospiti della Grande Invasione, con l’obiettivo di creare un “legame tra subcultura, come quella rap-musicale, e quella ufficiale, alta, della letteratura per offrire valore ad una città a cui sono molto legato” spiega Mattia. Il suo primo disco si chiamava La Provincia: oggi, dopo sei anni, Ivrea continua a rappresentare ispirazione e stimolo per l’artista. “La città rimane nella pelle, perché ha una personalità importante. Quando me ne sono andato ho sentito il bisogno di tornarci: per questo motivo l’ultimo album, Un luogo sicuro, è stato un prodotto completamente eporediese. Registrato qua, con grafiche disegnate da ragazzi del posto, è stato una sorta di riconoscimento alla mia città”.

Al festival della lettura ha dialogato con Ghemon e Fritz da Cat, perché la musica è scrittura e lettura. Poi di corsa sul palco, insieme proprio a Cosmo, per un dj-set di musica elettronica che si chiama Ivreatronic: “Vogliamo riappropriarci della notte, perché Ivrea ha un background incredibile in fatto di clubbing ma negli ultimi anni si era addormentata”.

Arte visiva

Radici, porte, nodi. E poi ancora, un treno, l’arcobaleno, la tempesta. Joey Guidone, illustratore eporediese trentaduenne, interpreta così scrittura e lettura. Venticinque opere, “associate ad altrettanti autori contemporanei e del passato, nel senso che i disegni sono metafore e aneddoti di storie e di personaggi”. Un progetto editoriale in uscita a settembre, presentato in anteprima a Ivrea, la sua città, in occasione de La Grande Invasione. L’idea è aiutare gli scrittori emergenti nell’approcciarsi al mestiere. “La guida l’ho infatti intitolata Being a writer”.

C’è anche la Solitudine, tra i significati della lettura. Tra le venticinque opere ce n’è infatti soltanto una in cui compare più di una figura. Significa che leggere è un atto individuale?

A Ivrea Joey è nato e cresciuto. E oggi ci vive, dopo aver studiato allo Ied – Istituto Europeo di Design – a Torino, e al MiMaster di Milano. La passione per l’illustrazione editoriale è nata tre anni fa. E ha fatto carriera in fretta: Espn, Repubblica e Vanity Fair tra i suoi clienti, solo per citarne alcuni. Ma le sue opere sono state pubblicate un po’ ovunque, anche in Svezia, come quella copertina di Modern Filosofi “dove ho disegnato Marx che invita il lettore a sedersi sul divano insieme a lui”. Software e tavoletta grafica sono i ferri del mestiere, ma prima di tutto c’è l’idea: “La fase iniziale di concept è semplice, foglio bianco e matita. Solo quando l’idea arriva sfrutto la tecnologia. Ci gioco, compongo gli oggetti e cerco di rendere chiara l’immagine. I miei lavori sono spogli, pochi dettagli e poco colore, ma ricche di contenuti”. E scrittura, a Ivrea, non può che far rima con Olivetti e le sue macchine da scrivere”.

MARCO GRITTI

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