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Il caso di Cuneo, isola felice dell’educazione alla Borsa

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Elsa Fornero: “Educazione finanziaria fa rima con inclusione sociale: significano indipendenza”

In Italia, l’educazione finanziaria non fa parte dei programmi scolastici obbligatori. E gli effetti sono evidenti: i dati dell’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, testimoniano ancora una volta l’arretratezza delle competenze in ambito finanziario dei ragazzi italiani, nonostante il leggero miglioramento rispetto alle rilevazioni precedenti. Il report Pisa Financial Literacy, pubblicato lo scorso 24 maggio e riferito al 2015, mostra infatti come i quindicenni del nostro Paese siano indietro, rispetto alla media di dieci paesi OCSE, nelle competenze di base sulla finanza. Niente lezioni su titoli, obbligazioni e cedole, eccezion fatta per alcuni corsi di economia all’università.

Secondo l’indagine, il 19,8% dei ragazzi italiani si fermerebbe al primo livello di competenza in alfabetizzazione finanziaria. In altre parole, sarebbe capace solo di definire il significato e l’utilità di una fattura. Una percentuale inferiore, di oltre due punti, rispetto alla media dei dieci paesi OCSE considerati nell’indagine (22.3%). Ma non solo: anche i ragazzi che raggiungono il livello 5, quello più alto, sono meno dei pari età: 6,5% in Italia, 11,8% nei paesi OCSE.
La classifica della prova di alfabetizzazione finanziaria. Guida la regione belga delle Fiandre. L’Italia insegue la Polonia. Nota: la dicitura “Province del Canada” fa riferimento alle sette province prese in esame: Columbia Britannica, Manitoba, Nuovo Brunswik, Terranova e Labrador, Nuova Scozia, Ontario e Isola del Principe Edoardo. B-S- J-G (Cina) fa riferimento ai quattro comuni e province cinesi prese in considerazione dal Pisa 2015: Beijing (Pechino), Shanghai, Jiangsu e Guangdong.

L’educazione avviene, nella migliore delle ipotesi, oltre i vent’anni, ma in molti casi gli argomenti borsistici non sfiorano nemmeno il nostro curriculum.
“I giovani italiani non sono sufficientemente formati sui temi finanziari – conferma Elsa Fornero, ex ministro del Lavoro, a Futura -. È un problema: l’analfabetismo finanziario costa molto in termini sociali. Avere una cultura, anche minima, su questi temi consente di cogliere opportunità che altrimenti andrebbero perdute”. Competenze elementari, come conoscere il tasso d’interesse, “paragonabili al saper leggere e scrivere”, per agire in maniera consapevole: dalla scelta della scuola alla gestione dei propri soldi, fino agli investimenti.

Elsa Fornero
foto: Wikipedia

La formazione nelle scuole superiori, dunque, manca. Ma in Italia un’isola felice, dove i giovani sembrano essere a loro agio tra Borsa, listini e rendimenti, forse c’è. È Cuneo. Lo sanciscono le classifiche di Conoscere la Borsa, un gioco virtuale a cui partecipano studenti di 17 e 18 anni da tutta Europa, pensato proprio per introdurre i ragazzi all’educazione finanziaria. Un portafoglio virtuale da 50mila euro, tre mesi per farlo fruttare investendo in azioni. Cuneo, dunque. È da questa provincia che sono arrivate le squadre vincitrici negli ultimi sei anni di concorso, tranne il 2015 quando i ragazzi dell’Istituto tecnico commerciale Bonelli si sono accontentati del secondo posto nazionale. E anche a livello continentale i ragazzi cuneesi sanno farsi valere: nonostante la concorrenza, 35 mila squadre per un totale di oltre 100mila studenti, dalla provincia piemontese è arrivato il terzo posto nel 2013, e poi addirittura il secondo nel 2014, con un team di quattro ragazze del Liceo Scientifico Peano. “Quell’anno una delle ragazze che poi avrebbe vinto era andata a studiare in Australia – ricorda Ettore Lo Nigro, docente di fisica ora in pensione, che all’epoca coordinava la squadra -, anche da laggiù ci suggeriva su quali titoli europei investire”. Già, perché il gioco appassiona i ragazzi: “Li portiamo un’ora alla settimana in laboratorio per il progetto – dice Enrica Brignone, docente all’Itc Bonelli – ma i ragazzi lavorano a casa, informandosi sull’attualità e seguendo l’andamento dei titoli giorno dopo giorno: prof, prof, il titolo è aumentato! è il tormentone di quelle settimane”.

Telecomunicazioni, banche, tecnologia, automotive, made in Italy. Il listino dei titoli è ampio e segue l’andamento reale delle Borse europee: tutto verosimile, insomma, a parte i soldi che, fortunatamente, sono virtuali. “Nella maggior parte dei casi in Borsa si perde – incalza Lo Nigro -. Fare investimenti è rischioso, non si scherza”. In economia non ci sono pasti gratis, diceva Keynes. E la finanza non è la gallina dalle uova d’oro: per qualcuno che guadagna, altri ci rimettono. Nel 2016, ad esempio, i ragazzi che hanno vinto hanno chiuso il portafoglio virtuale con 57.962,76 euro in tasca. Ma in fondo alla classifica c’era chi aveva lasciato per strada qualche decina di migliaia di euro. Quello è un gioco, sì, ma “un bell’esame di coscienza i ragazzi se lo devono fare”, chiosa Brignone.
“Inclusione sociale e educazione finanziaria sono due temi che vanno di pari passo”, conclude Elsa Fornero. Chiamiamola “inclusione finanziaria: significa indipendenza”.

MARCO GRITTI

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