Avevano un lavoro fisso, ma l’hanno lasciato per lanciarsi in un progetto, in una start-up ora in fase beta che vuole mappare la sicurezza percepita per le strade di Torino dalle donne. La prima versione c’è già, si chiama Freeda – Feel free around, e loro sono quattro amici: Eleonora Gargiulo, madre e Ceo del progetto; Carola di Ruscio, social media manager; Ilaria Zonda, designer; e Andrea Valenza, developer. Tre donne e un uomo, quindi: “per riequilibrare troppa femminilità” scherza Carola.
Tutto nasce da una domanda: quante volte le donne si sono sentite a disagio camminando per strade poco illuminate, in centro o in periferia, vittime di molestie e “complimenti” non richiesti? Freeda, che entro fine anno diventerà un’app nello store, risponde a tutto questo e a molto altro.
Al progetto partecipano anche le associazioni che si occupano di tematiche di genere, come Casa delle donne e Biblioteca delle donne. Si cercano tester solo femminili: “se una città è sicura per le donne, è sicura per tutti, e in questo contesto il giudizio femminile è quello che conta” spiega Eleonora Gargiulo, Ceo di Freeda. Quando sarà pubblicata come app, a ogni uomo che ne richiederà il download apparirà un avviso che consiglia di suggerirla a una donna.
Oggi Freeda è una mappa della città con indicatori di diverso colore in base al grado di pericolosità percepito: dal molto positivo (verde) al molto negativo (rosso). Cliccando su uno degli indicatori è possibile visualizzare le valutazioni delle altre utenti.
Cliccando su uno degli indicatori è possibile visualizzare le valutazioni delle altre utenti o lasciarne una: l’app chiederà di specificare il momento della giornata scegliendo tra mattina, pomeriggio, sera o notte (dati che potranno poi essere visualizzati nell’anteprima delle valutazioni) un punteggio da 1 a 4 con la possibilità di lasciare un commento e infine l’aggiunta di altri dettagli: illuminazione, affollamento, molestie.
È possibile recensire lo stesso luogo anche più volte, per le diverse fasi della giornata. Sulla mappa si trovano anche le associazioni di genere coi relativi contatti. Ora come ora i dati raccolti non sono ancora statisticamente rilevanti.
Chi sono le donne che stanno testando l’app? Il parterre è variegato, dalle studentesse fuorisede alle over 50, voratrici che vogliono dire la loro. Infine l’agguerrito gruppetto che gli sviluppatori chiamano le “attiviste”. Si confrontano tutte in un gruppo chiuso di Facebook.
“Si sa, le start-up di innovazione tecnologica hanno una grande spinta iniziale data dall’idea: noi stiamo cavalcando quest’onda e stiamo vedendo molto entusiasmo da parte delle istituzioni e delle donne stesse”, spiega Carola. Il progetto é nato a settembre dell’anno scorso nell’alveo del Politecnico di Torino: “è un ambiente conosciuto per fare innovazione, tra smart city e nuove tecnologie”. Il primo finanziatore e principale partner è TIM, grazie a cui hanno vinto il bando di accelerazione per start-up. Ma il passo successivo è la costruzione di rapporti istituzionali e politici, perché Freeda non è solo una start-up, è molto di più: un progetto che impatta sulle politiche sociali di genere e di progettazione della città, utile per la comunità.
“Spesso ci dicono che lavorando in questo modo vi limitate a sottolineare l’ovvio delle zone marce della città o a mettere in cattiva luce alcuni quartieri” commenta Eleonora. “Ma non è vero – aggiunge – oltre a mappare le zone della città più sicure per le donne, l’app servirà anche a far parlare le periferie. Freeda vuole dare una visibilità positiva alle zone, migliorare ciò che di negativo c’è”. Secondo Eleonora e Carola l’esempio più classico è Barriera di Milano, un quartiere considerato pericoloso e malsano ma in realtà in rapida crescita e sviluppo, con alvei positivi di vita comunitaria.
“Poter dire la propria sulle strade della nostra città è un grande valore per le donne, perché non capita spesso di poterlo fare e di poter fare massa critica su questi argomenti, di far scattare un campanello nelle istituzioni”, dice Eleonora. E lo farà? Eleonora e Carola sono ottimiste ma anche pratiche: Torino è l’unica città ad avere un gender manager, una figura professionale che affianca l’assessore alle pari opportunità nella progettazione urbana di genere, e ha anche la fortuna di avere una sindaca donna molto attenta a questi temi. Freeda conta di sfruttare al meglio proprio queste opportunità.