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“Il Libro Digitale dei Morti”: come sparire al tempo dei social

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Morire fisicamente è diventato più facile che far morire i propri dati. È da questa considerazione che nasce “Il Libro Digitale dei Morti”, ultimo lavoro del giurista Giovanni Ziccardi, presentato al Salone del Libro di Torino.

“Una volta si chiedeva che i propri dati potessero rimanere, oggi invece si cerca il modo di farli sparire dopo la morte” osserva l’autore. Ma non sempre è possibile. Le analisi statistiche infatti dicono che nei prossimi anni i social saranno popolati da account appartenenti a defunti. Ben lontano dai disfattismi, Ziccardi ha cercato di rappresentare la morte in rete senza giudizi morali. “Non serve criticare sempre i profili o i gruppi commemorativi, anche sui social ognuno elabora il lutto a modo suo” dice l’autore. Più utile analizzare come la tecnologia ha modificato la morte, l’elaborazione del lutto e la commemorazione dei defunti. “La morte è diventata tascabile” osserva Ziccardi “sta nei nostri telefoni, sui social e su WhatsApp”.

Che la tecnologia sia lo specchio del cambiamento dei tempi non è del tutto vero in questo caso. Nelle arti del ‘900 il trapasso era considerato un concetto troppo alto per essere rappresentato, oggi invece è desacralizzata: profili commemorativi, ricordo collettivo delle star, retorica del dolore. Tutto con una certa dose di esibizionismo, fino alla discussa moda diffusa tra gli adolescenti americani di scattare selfie ai funerali. “Inizialmente mi stranivo” racconta Ziccardi “poi ho scoperto la fotografia post-mortem dell’età vittoriana”.

Il libro affronta anche il tema dell’intelligenza artificiale, che elabora strumenti in grado di ricreare una persona riconoscibile ai cari in base ai dati lasciati in rete prima della morte. Coi defunti si può anche chattare, grazie ai bot. Esistono anche alcuni servizi dedicati a plasmare il proprio profilo immortale, così da renderlo il più fedele possibile. “Per ora si tratta di servizi che puntano sulla suggestione” spiega Giovanni Ziccardi “ma si evolveranno fino a creare dei cloni”. Una prospettiva pericolosa perché “chi non ha vissuto il distacco si illude che la persona sia ancora esistente”, aggravata dal fatto che “i nostri cari continuano a vivere in tasca, sul cellulare, che ormai rappresenta la quotidianità”.

La rete rende possibile anche la profilazione del lutto. I forum di persone accomunate dall’aver vissuto lo stesso trauma, come la perdita di un caro nello stesso posto o alla stessa età, si sono rivelati benefici. In questo caso il pericolo sta nell’esibizionismo, nelle patologie e, soprattutto, nelle truffe. I criminali infatti possono fare sorting dei dati in rete, individuare i soggetti più vulnerabili e colpirli.

Con favore sono visti anche messaggi, emoticon e chat di condoglianze, tutti i contatti telematici che non richiedono una risposta. “Dobbiamo superare l’idea che la tecnologia sia informale e il telegramma e le chiamate siano formali” è il commento dell’autore. “Se passiamo circa sette ore al giorno sui social vuol dire che quello è il nostro ambiente. Emoticon e messaggi equivalgono a una stretta di mano”.

 

GIORGIA GARIBOLDI

 

 

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