“Il 1977 rappresenta la fine della grande fabbrica, dei grandi partiti di massa, dei sindacati e del linguaggio politico. In pratica dell’intero Novecento”. Così il sociologo e politologo Marco Revelli, intervenuto al XXX Salone Internazionale del Libro di Torino insieme al giornalista de La Repubblica Jacopo Ricca e a Emiliano Sbaraglia, autore de “I sogni e gli spari: storie e linguaggi del ’77”. Il saggio, edito dall’editrice Round Robin, è giunto alla seconda edizione (la prima è uscita nel 2007, in occasione del 30° anniversario dell’annus brevis). “Rispetto a dieci anni fa è un libro completamente diverso – assicura Sbaraglia – Ci sono contributi nuovi, come quello di Andrea Cortellessa. Questa versione mi soddisfa di più rispetto alla prima e per questo devo ringraziare la mia casa editrice che mi ha convinto a riscriverlo”.
Il 1977 rappresenta per l’Italia la certificazione degli Anni di piombo. La storia non può essere dimenticata, ma l’autore prova ad andare aldilà degli spari e del dolore, evidenziando l’aspetto creativo dell’epoca: “Il ’77 è l’anno delle radio libere, delle riviste, di Andrea Pazienza e del fumetto, di nuovi linguaggi che hanno dato vita alla comunicazione di fine e inizio secolo”, sottolinea Sbaraglia.
.@MarcoRevelli1: "Il '77 è la brutta copia del '68, ma è stata la vera svolta per il Paese" #annidipiombo #SalTo30 pic.twitter.com/unxc8vsA3L
— Futura News (@FuturaTorino) May 18, 2017
Se nel 1977 l’autore aveva soltanto sei anni, Marco Revelli, allora trentenne, ha vissuto quel periodo in prima persona. Da allora sono passati 40 anni, ma il sociologo e politologo piemontese ritiene la riscrittura del libro di Sbaraglia ancora fondamentale, “perché bisogna salvare quei sogni e liquidare quegli spari”.