Ci sono dei colleghi lusingati dal loro ruolo di osservatori in prima linea, col tempo introiettano l’idea di essere degli eletti, di essere dove tutti vorrebbero ma non possono. Non capiscono di essere stati delegati dalla società per prestare un servizio che gli altri non vogliono fare, perché aspettano di trovarsi il prodotto finito (evitandosi il complesso percorso di apprendimento delle competenze tecniche per comunicarlo, contatto con le fonti, sgrezzatura della notizia, riassunto, ecc). Solo rendendoci conto di questo e depurandoci da snobberie e complessi di superiorità legati al nostro ruolo, noi giornalisti avremo un futuro. Non siamo gli unici legittimati a farlo, siamo gli unici che lo vogliono fare (questo perché gli altri, nessuno glielo dica, non sanno che fare il giornalista è sempre meglio di lavorare). Quindi, i giornalisti del futuro capiranno che non scrivono per dei decerebrati ma per lettori spesso più competenti di loro sui temi di cui si stanno occupando, che non hanno il compito di avvicinare alla lettura dei giornali quelli su cui il sistema educativo ha già fallito e che non possono quindi permettersi di dare al lettore il Buongiorno.
NICOLA BARONI
(Scuola Walter Tobagi)