I quotidiani hanno un evidente problema di sintonia con il pubblico di giovani e giovanissimi. I giornalisti ospiti al master di Torino hanno detto agli studenti che una delle ragioni è l’età media delle redazioni, che non sono riuscite a rinnovarsi in un periodo di crisi.
Non è soltanto un problema di forma della comunicazione: insomma non basta digitalizzarsi e usare i social network. Il problema è, anche, di linguaggio e contenuti.
Senza rinunciare alla qualità dei contenuti i giornali dovrebbero ragionare per target, ridistribuendo le risorse e articolando le proprie piattaforme online in una serie di siti satelliti, ognuno dei quali dedicato a un pubblico e a una o più tematiche. Ci sarebbe quindi la possibilità di sperimentare linguaggi e stili che in un contenitore generalista non potrebbero convivere. Immaginate, ad esempio, quanto stonerebbe un articolo scritto con il linguaggio di Vice in bella vista sul sito di Repubblica.
Inoltre i giornali dovrebbero confrontarsi con un fenomeno molto diffuso tra i giovanissimi e quasi sconosciuto a tutti gli altri: gli youtuber collezionano milioni di visualizzazioni facendo informazione su videogiochi, film, fumetti. Cosa potrebbe imparare la stampa potrebbe da quel linguaggio?