Il fatto
Davide Vannoni, il promotore del cosiddetto metodo “Stamina” è in stato di fermo dalla mattina del 26 aprile, quando i Nas di Torino lo hanno prelevato dalla sua abitazione a Moncalieri su ordine dei pm Vincenzo Pacileo e Alessandro Aghemo. L’uomo si trova ora in carcere. Le accuse a suo carico sono di associazione per delinquere aggravata dalla transnazionalità, truffa aggravata e somministrazione di farmaci non conformi.
La Georgia e la prosecuzione delle terapie
Vannoni avrebbe continuato ad eseguire il metodo Stamina in Georgia, a Tblisi, dove avrebbe preso anche la nazionalità, al Mardaleishvili Medical Center. In base a quanto in possesso degli investigatori, almeno fino al novembre 2016 era in corso l’attività di infusione del metodo “Stamina” nello Stato in questione, rigorosamente somministrata a pazienti italiani. Questi erano reclutati dalla Prostamina Life in Italia ed erano accolti in Georgia da un gruppo organizzato definito dai carabinieri come simile a un tour operator. Si parla di almeno 50 pazienti. La cifra pagata, rigorosamente con bonifici esteri, poteva arrivare a un massimo di 27.000 per cinque infusioni. Secondo i Pm che hanno disposto il fermo, nonostante le attività si siano svolte in Georgia, ci sono prove concrete per supporre la territorialità del reato anche su suolo italiano. Sono infatti state provate alcune riunioni della Prostamina per reclutare pazienti tra Bolzano, Brescia e Roma. L’allarme, dato alcuni mesi fa dalla rivista “Nature”, era stato confermato da un malato di Sla torinese che conferma le attività georgiane di Vannoni.
Pianificando la fuga
La ragione del fermo è l’intenzione imminente di allontanarsi dal suolo italiano di Vannoni. Nelle intercettazioni in possesso degli investigatori, infatti, Davide Vannoni avrebbe parlato di un trasferimento della clinica all’estero, probabilmente a Santo Domingo. L’allontanamento sembrava imminente anche a causa di alcuni dettagli della vita privata di Vannoni, tra cui il tentativo di vendere la propria porsche. Per questa ragione nei primi giorni di marzo i due Pm avevano chiesto di attivare il dispositivo di custodia cautelare, ma di fronte a una mancata risposta hanno deciso di procedere con il fermo nonostante mancasse l’autorizzazione del Gip, a riconferma dell’imminenza della possibile fuga.
Chi è coinvolto nella vicenda
Ad essere coinvolte nelle indagini di questa seconda parte della vicenda Vannoni sono tutte persone diverse da quelle indagate per il caso Stamina, chiusosi nel 2015 con il patteggiamento di Vannoni a 22 mesi di carcere e con la clausola di non poter praticare il metodo Stamina né in Italia né all’estero. Fanno eccezione Rosalinda La Barbera e la biologa Erica Molino. Le abitazioni delle due donne, già coinvolte nel processo che ha portato al patteggiamento di Vannoni, sono state perquisite nella stessa mattinata in cui è stato disposto il fermo di Vannoni. Nelle indagini sono al momento coinvolte 7-8 persone, secondo fonti investigative. I Pm confermano che i pazienti coinvolti sono tutti maggiorenni fatta eccezione per una bambina, già balzata agli onori delle cronache con la prima esplosione del caso Stamina.
Cos’è il metodo Stamina
Con metodo Stamina ci si riferisce al trattamento controverso che, secondo il suo inventore Davide Vannoni, sarebbe in grado di “trasformare le cellule staminali mesenchimali in neuroni” capaci di portare benefici a chi è affetto da malattie degenerative. Vannoni non è un medico e non ha mai studiato medicina, ma ha portato avanti le sperimentazioni sul tema.
La vicenda delle terapie con cellule staminali è diventata al centro delle cronache nel nostro Paese in seguito a una serie di servizi della trasmissione Le Iene, che si è occupata dell’appello dei genitori di una bambina con una malattia neurodegenerativa (leucodistrofia metacromatica) nel 2014.