L’undicesimo International Journalism Festival (l’acronimo è #Ijf) si è appena concluso ma la macchina organizzativa di Chris Potter e Arianna Ciccone, che a Perugia ne sono gli ideatori e ispiratori, sta già scaldando i motori per la prossima edizione. Ce ne parla Arianna, con cui abbiamo tirato le fila per iscritto, perché come sempre alla fine di queste maratone è rimasta senza voce.
Soddisfatta?
“Sì, siamo davvero soddisfatti. Un pubblico internazionale, temi non sempre semplici, sale piene, partecipazione, condivisione. L’età media dei partecipanti molto più bassa rispetto alle altre edizioni. Una delle cose più belle ed emozionanti è questa: i giovani che hanno partecipato, fatto domande, arricchito il programma con il loro entusiasmo, la loro energia. C’erano studenti di giornalismo dalla Francia, dalla Bielorussia, dalla Germania, ma anche licei in gita.”
Ci sono già appuntamenti fissati per l’anno prossimo?
“Il futuro è quello che avete visto in questa edizione. Internazionale, partecipato, aperto, trasparente… No, appuntamenti già fissati no, è davvero ancora troppo presto. Però c’è già un file sui nostri computer “speaker/argomenti 2018″.”
Qual è il momento migliore per fare le proposte?
“Noi lanciamo la call per le idee a settembre sul nostro sito, aperta a tutti. Arrivano proposte da tutto il mondo, da giornalisti, esperti, cittadini comuni… È questo che garantisce vitalità, coralità e pluralismo alla manifestazione: spesso i cittadini hanno la possibilità di seguire un dibattito che loro stessi hanno suggerito o di organizzarlo e anche moderarlo. Ecco perché diciamo sempre che il nostro Festival è del pubblico e per il pubblico: non è retorica ma è proprio il nostro modo di lavorare.”
È stato problematico gestire la nuova sponsorizzazione di Facebook, al centro delle polemiche per le fake news e subito dopo l’investimento di 14 milioni di dollari nel fondo “News integrity initiative”? Come mai a gestire la moderazione dell’incontro con Adam Masseri, vicepresidente Facebook per il newsfeed, è stato Jeff Jarvis, l’esperto di media che cura l’investimento di Facebook nelle news?
“La relazione tra Facebook e la CUNY University nella quale Jeff Jarvis coordina il Tow-Knight Center for Entrepreneurial Journalism è nota e trasparente. Stiamo parlando di un fondo per “The news integrity initiative” dove sono coinvolti anche soggetti come la Craig Newmark Philanthropic Fund, Ford Foundation, Democracy Fund, John S. and James L. Knight Foundation, Tow Foundation, AppNexus, Mozilla and Betaworks.
Stiamo parlando di uno dei più autorevoli, indipendenti, lucidi e stimati esperti di media e giornalismo al mondo e pensare che possa essere tirato dalla giacchetta da uno dei finanziatori (non l’unico) di un progetto mirato a migliorare il giornalismo vuol dire prima di tutto non conoscerlo. Tra l’altro Facebook sostiene anche economicamente alcuni progetti editoriali nei giornali italiani e non mi pare che questo abbia modificato la linea editoriale di quei giornali, né nessuno ha chiesto loro di non parlare più di Facebook. È come se negli anni in cui la Fiat era proprietaria de La Stampa qualcuno avesse chiesto alla redazione di quel giornale di non parlare di Fiat, dando implicitamente il messaggio che i giornalisti di quella redazione non fossero liberi. Per fortuna il mondo è più complesso di così e la libertà intellettuale può essere difesa e protetta da qualsiasi tipo di condizionamento, se lo si desidera.”
Vi fate ispirare da altri festival di giornalismo per avere spunti innovativi?
“Non mi capita di partecipare in prima persona ad altri media eventi perché sono rivolti quasi esclusivamente a giornalisti ed esperti di settore e sono a pagamento. Non è il nostro modello. Il nostro è un festival aperto a tutti, gratuito, rivolto alle persone, per le persone. In ascolto dei cittadini. È questa la chiave a nostro avviso del giornalismo presente / futuro. Chiaramente leggo notizie sul giornalismo tutti i giorni, studio molto, seguo con interesse e attenzione le discussioni che nascono in quei luoghi, così come in tutti gli altri luoghi nei quali si parla di giornalismo.”
Coinvolgerete in misura maggiore anche altre realtà oltre a quella anglosassone nel futuro?
“Sono stati coinvolti speaker da Siria, Turchia, Africa, Medioriente, Cina, Olanda. Francia, Spagna, Australia, Europa dell’Est, Filippine… C’era il mondo, c’erano speaker da 44 paesi. Poi sui ricerca e innovazione la fa da padrone il mondo anglosassone, perché da quel mondo arrivano anche gli investimenti più grandi. Sarebbe stato anche sbagliato non restituire questo scenario ai partecipanti al Festival per rispettare una specie di “Manuale Cencelli” del giornalismo.”
Per migliorare la connessione wifi c’è speranza? Oltre a Facebook, come sponsor non sarebbe utile coinvolgere anche un’azienda che fornisca una buona rete?
“Voglio fare una puntualizzazione sulla domanda per iniziare: non siamo stati noi a coinvolgere Facebook, è Facebook che ci ha contattato. Per il resto: si può sempre migliorare ma è importante tenere conto di alcuni aspetti: avere un’azienda tecnologica come sponsor non avrebbe necessariamente ridotto la domanda di connettività legata alla presenza di centinaia di persone contemporaneamente nel raggio di poche centinaia di metri. Il nostro fornitore per la fibra, su cui abbiamo investito molto, è Telecom. Le dirette di tutti gli eventi (quasi 300) sono andate benissimo, tranne alcuni momenti in cui la banda è andata al di sotto di quella garantita. La connettività wi-fi con gli hotspot, che è più complicata, è un servizio che offriamo a nostre spese per provare a rendere più agevole la vita a chi viene a Perugia: considerando che il Festival è totalmente gratuito, va detto che un’attenzione del genere non è scontata.”