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“In Europa la radicalizzazione islamica ha una deriva nichilista”

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“Molti che si radicalizzano e partono dall’Europa per combattere non sono musulmani”, ha spiegato il sociologo ed esperto di Islam, Stefano Allievi nell’ambito del panel dedicato alla radicalizzazione terroristica che è stato organizzato all’interno della rassegna Biennale Democrazia 2017.

“Si pensi ai fan combattenti, loro cercano tre cose: il senso, l’ordine e la seduzione”. Ha proseguito Stefano Allievi. “Lo fanno in primis per dare un senso alla propria vita: è impopolare ma l’idea di combattere piace a tanta gente. Poi l’ordine, da una parte il male e dall’altra il bene. E noi siamo sempre i buoni. Anche l’Isis, l’unica cosa è che si vestono di nero. Infine si fa per seduzione. L’enfasi sui reclutatori dà l’idea di burattinai che conducono innocenti a combattere in Siria ma non è così, è sempre una scelta cosciente. Insomma, se la radicalizzazione ha séguito in Europa non è motivata dalla lotta contro le ingiustizie o il colonialismo ma perché ha una deriva nichilista. In Italia, in realtà, l’Islam non è un fenomeno metropolitano anzi statisticamente sta nei villaggi, nelle zone rurali e nei paesi, dove c’è più controllo sociale. Una grande risposta però sta nelle nostre reazioni, non una demonizzazione indiscriminata ma dobbiamo dialogare con i musulmani, loro detestano l’Isis più di noi, sono i nostri migliori alleati”.

Per Allievi, inoltre, è indispensabile anche ricominciare con “un’infomazione decente. In tv ogni sera si parla di questa tematica ma giornalisti e politica che intervengono non sanno nulla. E questo rappresenta un’offesa alla professionalità ma soprattutto alla verità”.

“Abbiamo paura dei luoghi affollati, degli aeroporti, dell’altro – ha fatto eco lo scrittore e giornalista Giuseppe Catozzella – e lo teniamo ai margini mentre l’unico modo per contrastare la radicalizzazione è accoglierlo e raccontarlo non come un nemico”.

Importante la testimonianza di Francesca Borri, giornalista freelance e reporter di guerra. «Corruzione, povertà, eroina, violenza di strada: queste le ragioni della radicalizzazione. Poi le situazioni cambiano in base al paese: in Iraq, ad esempio, ogni problema pratico, che sia una strada malridotta o il mercato rionale, non si va in Comune ma ci si rivolge dalle milizie di quartiere. In quei casi non si può parlare di liberazione”.

CRISTINA PALAZZO

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