Marta Ciccolari Micaldi è una ragazza nata a Torino 34 anni fa, che da oltre tre anni ha fondato un’attività a partire dal suo blog La Mc Musa. Tramite la sua attività organizza viaggi reali e virtuali nel mondo della letteratura americana inedita e affascinante, giocando sugli spazi immensi del Midwest e raggiungendo Texas, Alabama, Miami. Il suo prossimo viaggio virtuale sarà sul Texas, e partirà il 29 marzo.
Ci parli di lei. Come ha iniziato?
“Ho studiato lettere all’università ma mi sono specializzata in letteratura americana facendo un Master in American Studies. Nel frattempo ho svolto diversi lavori a Torino tra comunicazione, editoria e giornalismo. In realtà ho fatto anche altri lavori: gestivo alcuni locali facendo sia la comunicazione che i cocktail. Quando ero più giovane sono stata anche, come tutti, in un call center: ma tutti questi lavori hanno comunque avuto un loro valore”.
E poi, cosa è successo?
“Il grande cambiamento è avvenuto dopo uno scambio professionale in Illinois. Lì ho conosciuto l’America vera, l’America pura di cui qui non abbiamo reale conoscenza. Questa esperienza l’ho vissuta in maniera intensa, ero nell’America inedita del Midwest, ferma agli anni ‘50, dove non c’è proprio niente. Lì gli spazi sono un’altra categoria rispetto ai nostri”.
E così ha aperto un’attività imprenditoriale.
“Sì, La Mc Musa, che è il mio alter ego, il cui obiettivo è quello di raccontare l’America in modo diverso. Ho avviato un’attività imprenditoriale di tipo creativo, senza uno spazio fisico. Però non mi piace essere definita una semplice “blogger”, perché sono una figura un po’ ibrida, sto molto tempo dietro allo schermo ma porto anche la gente a fare i viaggi reali”.
Tra le altre cose ha inventato i “Book riders”, viaggi speciali nel cuore degli States: come sono nati?
“Tornata dal famoso viaggio tra Illinois e West Coast a Torino stava aprendo un locale, il Lombroso 16: loro avevano bisogno di contenuti nuovi e io di un contenitore. Però sono partita con un grande dubbio: perché la gente dovrebbe venire ad ascoltare me che non sono nessuno? Allora ho cercato di inventarmi un nuovo format: propongo viaggi letterari immaginari. Quando inizio a sognare, però, sogno in grande, e allora mi sono detta: perché non facciamo dei viaggi veri? Contemporaneamente, il caso ha voluto che incontrassi Xplore, un tour operator. Abbiamo lavorato tanto all’idea, e così sono nati i Book Riders“.
Ci può raccontare qualche aneddoto particolare di questi viaggi?
“Una cosa curiosa ci è successa sul Mississippi. Siamo arrivati in Louisiana, a Morgan City, in una zona di una desolazione incredibile, e noi eravamo in un motel che aveva i classici segni della peggio gioventù: buchi, chiazze di sangue, una piscina senza acqua, un luogo da film. Dopo una cena tipica andiamo in un locale dove all’interno c’erano -20 gradi e un bellissimo pavimento a scacchiera. Abbiamo iniziato a fotografarlo, perché era affascinante, ma dopo poco siamo usciti perché faceva troppo freddo, e siamo andati in un altro locale. Dopo qualche minuto è arrivata la polizia: i gestori dell’altro locale l’avevano chiamata perché si erano insospettiti di vedere un gruppo di turisti che fotografava un luogo così sperduto”.
Editoria, comunicazione in crisi: lei ha trovato la sua strada. Come reinventarsi in questo mondo del lavoro? Cosa consiglia?
“Come prima cosa mi verrebbe da consigliare a tutti i ragazzi molta concretezza, ma forse lo dico perché questo è quello che mancava a me. Occorre chiedere tanto dal mondo del lavoro ed essere concreti nell’informarsi sul futuro. Vedere il tempo come una risorsa e non come un ostacolo: il mio consiglio è cambiare la prospettiva, non bisogna entrare nel mondo del lavoro a gamba tesa, bisogna avere pazienza, trovare la propria strada, avere un’ottica più lunga. Forse ciò che dico è un po’ controcorrente rispetto all’idea dominante del “fare, fare, fare”, ma invece credo che l’anno sabbatico degli anglosassoni sia illuminante. Bisogna sapersi fermare, perché se non ci si conosce non si va da nessuna parte”.