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Le isole pedonali hanno cambiato il volto di Torino

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Con l’avvento della società post-industriale negli anni Settanta, Torino è cambiata da capo a piedi, insieme alla sua viabilità. Dalla prima isola pedonale del Fante, che nel 1974 rendeva Crocetta un quartiere apripista, sempre più parcheggi, rotaie e veicoli sono spariti da piazze e vie della città della Fiat per lasciare spazio a chi va a piedi o in bici. Stando ai report annuali di Ecosistema Urbano (Legambiente, Ambiente Italia e Sole 24 Ore), negli ultimi dieci anni le superfici pedonali di Torino in rapporto alla popolazione sono aumentate del 32,2% e nella classifica italiana del 2025 la città ha chiuso al 13esimo posto, con 66,1 metri quadrati ogni 100 abitanti

La città si trasforma e con lei le abitudini dei suoi abitanti, ma i dibattiti non sono mai mancati: nel febbraio del 1978, la Stampa sera titolava “La grande lite per il traffico” per fotografare le reazioni alla pedonalizzazione di via Garibaldi. A distanza di quasi 50 anni, è il turno di via Roma, che sarà completamente pedonale entro il 2026. E la mozione del consigliere Emanuele Busconi (Sinistra ecologista) ha lanciato l’ipotesi di rendere off-limits alle automobili anche via Po, con l’idea di riservare l’aulica strada a tram, bici e pedoni. Tra levate di scudi e ottimismi, la trasformazione in atto unisce Torino alle altre grandi città europee.

Prima e dopo: le automobili salutano le piazze

Era sempre il 1974 quando in una scena di C’eravamo tanti amati Vittorio Gassman si improvvisava parcheggiatore in piazza del Popolo a Roma, di fronte a una distesa di automobili che oggi appare sorprendente. Le piazze storiche torinesi non fanno eccezione: fino al 1999 Palazzo Madama era circondato da traffico e parcheggi, da piazza Castello fino a piazzetta Reale, e solo nel 2004, in previsione dei XX Giochi olimpici invernali del 2006, piazza San Carlo divenne un’isola pedonale.  “Dopo via Garibaldi, si è aperta la stagione degli interventi immaginati dal piano regolatore del 1995 – spiega a Futura l’architetta di Urban Lab Chiara Lucchini – con cui è stato ripensato il centro e il suo ruolo nello sviluppo urbano post-industriale”. 

La lista dei prima e dopo è lunga e non esclude le periferie: la stagione di pedonalizzazioni ha interessato anche aree come Falchera e Le Vallette per favorire la socialità, mentre gli interventi urbanistici degli ultimi anni “sono entrati nell’ottica di un adattamento climatico, con forme di mobilità dolce e soluzioni green, anche attraverso l’uso di nuovi materiali – dice Lucchini -. Ad esempio, per pedonalizzare nel 2023 corso Marconi l’asfalto è stato sostituito da un calcestruzzo poroso dal colore giallino, capace di assorbire meglio le acque piovane e meno portato a surriscaldarsi”.

Discorso simile per via Roma, in cui grazie ai 12 milioni del programma nazionale Metro Plus 2021-2027 è in corso la pedonalizzazione da piazza Castello a piazza Carlo Felice. “La nuova pavimentazione è tutta a livello, si passa attraverso i portici senza fare alcun gradino – continua l’architetta -. Sembra una banalità, ma significa abbattimento di barriere architettoniche, percezione migliore dello spazio e in più un sistema di raccolta idrica più funzionale, senza alcun tombino, ma attraverso una superficie continua con fessure di scolo”. Inoltre, l’asfalto ha lasciato il posto alle lastre grigio chiaro di diorite e il marmo di Carrara ha sostituito la vernice della segnaletica orizzontale.

L’arrivo in città di una nuova isola pedonale innesca reazioni a catena e impatta sulla vita delle persone. Il traffico non scompare, ma si trasferisce su vie alternative, i flussi di clienti alle porte dei commercianti variano e gli effetti reali si sperimentano solo nel tempo. “Ogni strada è un pezzo di un sistema più ampio – spiega Lucchini – quindi si deve verificare che cancellare un parcheggio e spostare il transito non crei squilibri altrove”. Le criticità non mancano, ma secondo l’architetta di Urban Lab ogni nuovo ciclo di pedonalizzazioni pare un copione già visto: “Sulle prime c’è sempre qualcuno scontento, ma poi gli spazi pedonali vengono accolti e nessuno vorrebbe più restituirli e tornare indietro. Un po’ come per le piazze scolastiche: non si può più arrivare davanti a scuola sgommando, ma c’è una controparte in termini di sicurezza stradale e vivibilità che ormai è insostituibile”.

Il caso di via Po

Accanto ai portici che un tempo ospitavano le passeggiate dei Savoia fino alla Gran Madre, potrebbe sparire il traffico di motori. A giugno, veniva presentata la proposta del consigliere di Sinistra ecologista Emanuele Busconi: tram-pedonalizzare via Po nei fine settimana e nei festivi. Dopo i segnali positivi ottenuti in commissione Urbanistica e Viabilità, il 13 dicembre l’assessora alla Mobilità Chiara Foglietta confermava una “fase preliminare di studio” per valutare l’impatto dell’operazione. Poi la frenata: tre giorni dopo, ai microfoni di To Radio il sindaco Stefano Lo Russo ha sostenuto che “al momento non esiste un progetto per pedonalizzare via Po”.

“Tra gennaio e febbraio, presenteremo il progetto a votazione in Sala rossa e siamo fiduciosi – dice Emanuele Busconi -. Penso che il sindaco si riferisse solo al breve periodo, dopodichè l’orizzonte è quello: ne abbiamo parlato sia in Consiglio che in commissione. Non sento così forte la preoccupazione politica di stoppare il processo, anche perché ci sono degli studi in atto”. La partita dunque resta aperta. 

Il presidente dei commercianti di via Po Alessandro Chiales invita a fare un passo indietro: “Non c’è stato alcun confronto tra Città e negozianti, perché non è un tema all’ordine del giorno. Dato che nulla bolle in pentola, abbiamo evitato anche di interpellare i colleghi e il dibattito tra favorevoli e contrari lascia il tempo che trova”. Secondo Chiales, un intervento di pedonalizzazione avrebbe senso solo se inserito in un più vasto piano strategico, di lunga durata: “Non possiamo astrarre un pezzo di territorio come via Po e chiederci quali effetti avrebbe un divieto di transito. Serve un progetto che tenga conto di tutta la viabilità del centro storico, perché tutti devono poterci arrivare comodamente”. 

L’ipotesi lanciata da Sinistra ecologista riconosce all’assenza di traffico veicolare una serie di benefici, tra cui la diminuzione degli incidenti stradali, la rigenerazione dello spazio pubblico, la riduzione del rumore e dell’inquinamento dell’aria. Per la buona riuscita di questi propositi, il punto chiave della tram-pedonalizzazione risiederebbe nel suo prefisso spesso tralasciato, ovvero la convivenza tra tram e pedoni: “Questi interventi incentivano il trasporto pubblico e mirano a ridurre l’auto privata per brevi distanze, in un’ottica di semplificazione del traffico cittadino – aggiunge Busconi -. Lo abbiamo visto in città europee come Strasburgo, ma anche italiane come Roma e Bologna”.

Una città di 15 minuti

La superficie pedonale torinese ogni 100 abitanti aumenta (+32,2% in 10 anni) e la tendenza è salda anche tenendo conto dell’andamento della popolazione. Dal 2015 la città ha perso 24mila residenti, scendendo a quota 858mila (Istat), mentre le aree pedonali hanno registrato un incremento di 126mila metri quadrati. “Questi numeri ci dicono prima di tutto che Torino è una città europea”, afferma l’architetta Lucchini. Le sperimentazioni pedonali accomunano infatti molte città del continente, da quelle più simili al capoluogo piemontese come Lione a Barcellona, che con le superilles ha dato vita a una rivoluzione urbanistica: “Nell’arco di vent’anni hanno pedonalizzato sempre più strade – continua Lucchini – raggruppando gli isolati a gruppi di nove in blocchi pedonali più ampi, in cui solo chi ci abita può usare l’automobile”. 

Torino, dunque, non guarda soltanto ai modelli virtuosi oltreconfine, ma si candida a diventarne uno. Secondo lo studio “A universal framework for inclusive 15-minute cities”, pubblicato su Nature, è la terza città più “camminabile” al mondo: bastano sette minuti e sei secondi per raggiungere a piedi i servizi essenziali. “La nostra torinesità ci porta a usare narrazioni troppo pessimiste – scherza Lucchini – mentre Torino ha delle potenzialità pazzesche: la prossimità con i fiumi, la distribuzione dei parchi, degli spazi aperti e la sua morfologia la rendono una città perfetta per pedoni e ciclisti”. La città dei 15 minuti, come sosteneva il noto urbanista Carlos Moreno

Tra i numerosi punti di forza, spuntano anche le note dolenti. Torino è 13esima nel ranking di Ecosistema Urbano delle città più pedonalizzate, ma scende al 46esimo se si parla di piste ciclabili con appena 8,5 metri ogni 100 abitanti, quasi due punti sotto la media nazionale. Inoltre, il trasporto pubblico locale è al centro di proteste e criticità, tra corse fantasma, carenza di personale e insoddisfazione al 53%, secondo un sondaggio di Cgil Piemonte. Allo stesso tempo, va smentito il falso mito di Torino come città più motorizzata d’Italia: le quattro ruote circolanti sono in netto aumento ma, come riporta Ecosistema Urbano, la città dell’automobile si posiziona al 16esimo posto con 75 vetture ogni 100 abitanti. A L’Aquila sono più di 80 ogni 100 abitanti, a Reggio Emilia addirittura 88 ogni 100.

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