Le imprese piemontesi si avviano verso il 2026 con ottimismo: a stabilirlo è l’indagine realizzata a dicembre dal Centro Studi dell’Unione Industriali Torino su un campione di circa 1200 aziende manifatturiere e dei servizi del sistema confindustriale piemontese. Le attese sono positive per occupazioni (6%), produzione (3,2%) e ordini totali, ma sono negativi i dati i consuntivi di export (-5,3%) e redditività (-1%). Aumenta invece la propensione a investire, che interessa il 77,1 per cento delle aziende coinvolte dall’indagine, mentre poco più del 25 per cento ha già programmato l’acquisto di nuovi impianti.
“Le imprese piemontesi approcciano il 2026 confermando la volontà di investire per far crescere e sviluppare le proprie imprese. Non è una scommessa, ma un vero grande gesto di fiducia che va colto e valorizzato da tutti coloro che compongono il nostro tessuto economico. Quello che ci aspetta sarà un altro anno molto sfidante proprio come il 2025 che dopo molti, forse troppi, timori ha invece registrato un andamento più sostenuto del previsto negli ultimi mesi. Un risultato ottenuto grazie alla capacità delle nostre imprese di sapersi adattate velocemente al mercato, sia come sbocchi commerciali che come offerta di prodotti, processi e tecnologia. Chi guarda al Piemonte sa di poter trovare in questo territorio risposte efficenti e avanzate, una qualità che ci riconoscono partner italiani e stranieri, in maniera trasversale ai settori e alle filiere” commenta Andrea Amalberto, presidente di Confindustria Piemonte.
Le performance delle imprese varia, e di molto, in base al settore: produzione, nuovi ordini, redditività ed export in rosso per il manifatturiero, in particolare il comparto metalmeccanico, l’automotive e il metallurgico. Ottimisti invece il settore gomma-plastica e l’alimentare, come l’edilizia e l’impiantistica. Sono particolarmente positive le attese per commercio e turismo, servizi alle imprese, Ict e trasporto di merci e persone. I dati, commentano da Confindustria Piemonte, “sono sintesi di un andamento opposto tra il manifatturiero e il terziario, in atto da ormai oltre due anni”: il primo risente della crisi di metalmeccanica e tessile-abbigliamento e mostra indicatori negativi, mentre il secondo dopo il Covid ha saputo reinventarsi e ripartire.
Minore è la quota di export sul fatturato e migliori sono le attese dato il contesto internazionale: ottimista chi esporta meno del 10 per cento del fatturato, in equilibrio chi esporta tra il 10 per cento e il 30per cento e negative le attese di chi esporta più del 30 per cento del fatturato. “L’anno che sta per iniziare però è anche l’ultimo del Pnrr e i timori legati all’export riguardano ora soprattutto i nostri partner europei, ed avranno probabilmente un impatto sulle filiere industriali dove siamo protagonisti. Ecco perché più che mai, serve un’attenzione costante e un’accelerazione sui dossier che ancora restano sospesi, dal costo dell’energia alle infrastrutture, dalla formazione all’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, dal costo del lavoro alla dimensione delle nostre imprese, mettendo al centro intelligenza industriale ed investimenti” argomenta Marco Gay, presidente dell’Unione Industriali Torino.
Il clima di fiducia, focalizzandosi su Torino, è prevalentemente positivo: gli indicatori di crescita per produzione, ordini e occupazione sono tutti positivi e, contrariamente a quanto avviene a livello regionale, nel capoluogo è positivo anche l’andamento del comparto manifatturiero. Migliora anche la propensione a investire in nuovi impianti, ma rimane stabile il ricorso alla cassa integrazione e cala leggermente il tasso di utilizzo di impianti e risorse. A Torino le attese sono ancora negative per le esportazioni.