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“Com’eri vestita?”: la mostra che ribalta gli stereotipi della violenza di genere

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Una domanda crudele, simbolo della vittimizzazione secondaria delle donne vittime di violenza di genere. Una domanda che diventa titolo di una mostra che mette in luce l’assurdità della domanda stessa, da oggi ospitata a Palazzo Civico. “Com’eri vestita?” è curata da Amnesty International e rimarrà aperta al pubblico fino al 28 novembre. L’iniziativa è nata grazie allo Zonta Club di Alessandria, che ospitava la mostra “in prestito” nell’alessandrino. “Grazie alla sinergia con lo Zonta di Torino abbiamo messo il Comune nelle condizioni di conoscere e ospitare l’installazione”, ha spiegato Nadia Biancato, membra dell’associazione.

“Il commento che riceviamo più spesso da questa mostra è che è un pugno allo stomaco”, prosegue. Si cammina attraverso le riproduzioni dei vestiti delle vittime di violenza, con accanto un cartello che racconta la loro storia. Amici insospettabili, zii, datori di lavoro: sono queste le figure degli uomini che stuprano, spesso in un ambiente che le donne considerano sicuro. “Uno stereotipo quello della violenza nelle strade o nei parchi da parte di sconosciuti”, ha dichiarato Luca Andreani, responsabile di Amnesty in Piemonte e Valle d’Aosta.

“Com’eri vestita? è il culmine di un percorso che Amnesty ha intrapreso da cinque anni e che adesso sembra aver imboccato il rettilineo finale”. La campagna #iolochiedo ha chiesto a lungo al governo di introdurre il concetto di consenso esplicito nell’articolo 609 bis del Codice penale che configura il reato di violenza sessuale. Un concetto che grazie a un accordo bipartisan affronterà ora l’iter legislativo per diventare effettivo. “La strada è ancora lunga, ma almeno un pochino ci arroghiamo il merito di questo risultato”, ha scherzato Andreani.

“La mostra con questo titolo spazza via l’alibi della violenza di genere”, ha dichiarato Maria Grazia Grippo, presidente del Consiglio Comunale di Torino. “Nel recente mandato ci siamo impegnati molto su questo tema, rinforzando la collaborazione con la Consulta Femminile. “Sono emozionata dall’impatto che ha camminare per la mostra. Come dirigenti politici abbiamo il dovere di agire sul tema, ma osserviamo come ci sia un’enorme difficoltà a comprendere quali risposte dare sul piano culturale, data la qualità del dibattito in Parlamento sull’educazione sessuo-affettiva nelle scuole”. Un tema centrale, quello dell’educazione dei bambini e dei ragazzi, che ha percorso tutto l’incontro. “Ultimamente quello che siamo riusciti a fare viene messo in discussione, come la stessa nozione di cultura patriarcale”, inveisce Katia Visentin, dirigente del Centro anti-violenza di Torino.

“Com’eri vestita?” mira a sensibilizzare su un tema complesso, quello del giudizio sulle vittime di violenza di genere, che a volte non risparmia neanche i volontari che se ne occupano. Una mostra che ha attraversato tutta l’Italia, comprese tantissime scuole. Perché un altro tema importante è la prevenzione, e ad Alessandria la mostra “è stata vista da più di 3mila studenti”, spiega Biancato. “L’installazione nasce da uno studio effettuata negli Stati Uniti negli anni ’80 che indagava la vittimizzazione secondaria, indagando casi di violenza avvenuti nel quotidiano. La mostra indica l’assurdità della domanda, dal momento che i vestiti esposti sono una tuta, un abito da lavoro, un maglione”.

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