Per gli imprenditori e artigiani piemontesi l’innovazione digitale nelle proprie imprese non si fa prima di tutto per motivi di costo, ma anche per una percezione che resiste: la digitalizzazione non è vista come un bisogno. Lo stabilisce l’ottavo Osservatorio micro e piccole imprese Cna Piemonte curato da Daniele Marini, docente dell’Università di Padova e direttore scientifico di Research Analysis Community i cui dati sono stati presetati oggi da Cna Piemonte. In sintesi, per tanti artigiani innovare resta troppo costoso (per il 68,3% dei 600 intervistati), non è un bisogno (per il 53,9%) e manca personale qualificato (48,3%). Nonostante, commenta Marini, “oggi l’innovazione debba essere percepita come una necessità”.
Gli artigiani chiedono allora “maggiore sostegno dalla politica e dagli istituti di credito” con Giovanni Genovesio, presidente Cna Piemonte. “Gli investimenti nell’innovazione – sottolinea Genovesio – restano stabili e questo dato rispecchia più l’andamento economico che la cattiva volontà di innovare o di adeguare le proprie imprese allo sviluppo tecnologico. Sono investimenti importanti e abbiamo necessità di un approccio diverso. Il momento è particolarmente complesso: vogliamo aiutare le nostre imprese a andare oltre il periodo di crisi per riuscire a raggiungere una ripartenza vera”.
I dati sulla transizione digitale
L’analisi di Cna si basa sulle risposte di oltre 600 imprenditori del tessuto piemontese che, a livello di transizione digitale, hanno mantenuto invariati gli investimenti nel settore: il 45,1%. Ad aumentarli è un imprenditore su tre, il 31,9%. Tutto questo mentre l’economia regionale è su “un piano inclinato”, così lo definisce Marini: “A livello italiano perdiamo posizioni, si cresce ma nel complesso stiamo calando. So che può sembrare un paradosso ma è necessario invertire la rotta o andremo sempre meno bene”. Al centro c’è ancora la crisi dell’auto, “un cambio di pelle epocale” per Andrea Tronzano, assessore della regione Piemonte allo Sviluppo delle attività produttive, “un problema che Cna aveva previsto” per Genovesio.
La “vera sfida”: la transizione culturale
La distanza generazionale nel mondo del lavoro si traduce in “distanza di visioni e approcci” secondo Marini. Queste, se ignorate e non colmate, sono poi le difficoltà nell’attrarre e tenere i talenti. “Le giovani generazioni cercano prima di tutto un lavoro di qualità, con prospettive di carriera chiare, possibilità di formazione e lavoro stimolante” racconta Marini. Queste richieste si scontrano con la visione che, oggi, i giovani hanno del lavoro in Italia: precario (per il 25,7%), sfruttato (23,3%), irregolare (12,7%). In una differenza di immaginario e di visioni, imprenditori e artigiani si trovano a dover attrarre una generazione che ha vissuto il “cambiamento come normalità” aggiunge Marini: “L’aspetto più richiesto è il lavoro da casa, offrendo una nuova organizzazione della vita e del lavoro. L’esperienza della pandemia ha dimostrato che si può”.